Che cos'è il populismo? Un libro di Jan-Werner Mueller


di Domenico Pizzuti
in uscita su La Civiltà Cattolica


“Populismo” è un termine abusato nell’agone mediatico e politico con significati diversi, contrastanti se non strumentali, un fenomeno tra i più  controversi negli stessi studi accademici di Politica per cui è arduo giungere ad una definizione da tutti accettata o ad una teoria del “Populismo”. Nel contempo esiste un’ampia letteratura di studi e ricerche accademiche afferente l’ambito degli studi di “Politica, di quasi esclusiva marca anglosassone, che supporta analisi ed interpretazioni, in particolare sul fenomeno globale del “Populismo” che qui interessa. 

Prendiamo spunto dal volumetto Che cos’è il Populismo? di Jan-Werner Mueller, Professore di Politica alla Princeton University, noto anche per i suoi studi sul sistema democratico ed il suo decadimento in Europa. 

Nell’ambito di analisi e studi recenti che hanno arricchito la conoscenza del fenomeno, secondo l'introduzione della politologa Nadia Urbinati, il libro di Mueller si colloca alla confluenza di tre complesse direttrici: carattere ideologico, meccanismo strategico, contenuto socio-culturale. A suo dire l’A. superando letture minimaliste precedenti sostiene  che il populismo si manifesta nella pretesa di una rappresentanza simbolica legittima del popolo. La posizione del Mueller  va chiarita  ed articolata  alla luce delle  tre  parti che costituiscono il volume, arricchiscono il dibattito in atto sul Populismo come fenomeno globale, e la sua rinascita anche in paesi europei per il recente decadimento democratico.

Il ragionamento dell’A. si sviluppa nel continuo confronto con posizioni ritenute inadeguate, in una visione globale del fenomeno - e dell’incarnazione nei suoi leader - nelle nazioni di vari continenti. Il primo capitolo “Cosa dicono i populisti” intende dimostrare i motivi per cui diversi approcci comuni nella comprensione del fenomeno portano a vicoli ciechi: una prospettiva socio-psicologica incentrata sulle percezioni degli elettori (rabbia, risentimento, frustrazione), un’analisi sociologica focalizzata su determinate classi sociali, e una valutazione della qualità delle proposte politiche utili per capire il populismo ma che non delineano adeguatamente il fenomeno, e come differiscono da altre. Mueller sostiene invece che "il populismo non è nulla di simile ad una dottrina codificata, ma un insieme di distinte rivendicazioni, provvisto di ciò che potremmo chiamare una logica interna" (p.16). Questa logica, a suo parere, è identificata in una "particolare visione moralistica della politica, un modo di concepire il mondo politico che oppone un popolo moralmente puro e completamente unificato - ma direi fondamentalmente immaginario - a delle élite corrotte o in qualche modo inferiori" (pp. 26-27). 

Rispetto alla democrazia rappresentativa, di cui costituisce l’ombra, esprime un’argomentazione pars pro toto del popolo, e la rivendicazione di una rappresentanza esclusiva del popolo, entrambe intese in senso morale anziché empirico. Non vi può essere populismo senza un leader che parli a nome del popolo nel suo insieme.  Oltre ad essere antielitari, antipluralisti, i populisti sostengono di essere gli unici a rappresentare il popolo vero, puro. A nostro avviso si tratta di focalizzare  le dinamiche da cui si generano non solo la pretesa di una rappresentanza esclusiva del popolo in senso morale, e di una visione morale della stessa politica, che normalmente si forma nel corso di accese mobilitazioni e che costruisce il “popolo” sotto la guida di un leader. Esse  configurano piuttosto una “legittimazione” politica o talora identitaria del movimento e delle sue pretese, anche se simbolica, e dello stesso leader che incarna il popolo.

Quale la logica del populismo al potere come unici rappresentanti moralmente legittimati del popolo vero nel  governo? Nel secondo capitolo questa logica viene ricondotta a tre modi distinti: colonizzazione o occupazione dello Stato; esempi recenti sono cambiamenti legislativi indotti dai governi di Ungheria e Polonia; il clientelismo di massa o “legalismo discriminatorio” secondo alcuni politologi; repressione sistematica della società civile, per esempio in molti paesi lo screditamento delle Ong, così in Russia, Polonia, Ungheria ed anche nel nostro paese, in quanto controllate da poteri esterni.

Nel terzo capitolo, l’Autore propone alcuni utili suggerimenti su come relazionarsi meglio  con i populisti, senza limitarsi semplicemente a parlarne, cioè ad esprimersi come loro, perchè finchè i populisti rispettano la legge e non incitano alla violenza gli altri soggetti politici hanno in qualche misura l’obbligo di coinvolgerli, senza prendere alla lettera le loro rivendicazioni politiche. Il volume contribuisce ad arricchire la conoscenza e l’approfondimento non solo accademico del fenomeno, perchè come ha scritto il Washington Post “è una lettura veloce e vale la pena concentrarsi su ogni pagina”.

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