Di lotta o di governo. La nuova politica alla prova dei fatti

di Domenico Pizzuti


Il recente volumetto Populismo di lotta e di governo, a cura di Manuel Anselmi, Paul Blokker, Nadia Urbinati (Milano 2018), nella nuova collana Ricerche della Feltrinelli, raccoglie una serie di contributi di studiosi di Politica su tematiche spesso rimaste periferiche nella letteratura dominante sul populismo, a causa di letture parziali.

Il contesto nel quale si svolge la riflessione prende atto del recente successo di movimenti populisti in paesi dell’Europa occidentale/orientale e negli Stati Uniti, per cui oggi è un fenomeno globale, oggetto di differenti approcci interpretativi e di una ricca analisi comparata. Il populismo al potere nei paesi di democrazia consolidata cambia e cambierà il modo di intendere questo fenomeno. I populisti non sono più un semplice caso di movimento di contestazione, di opinione e di opposizione, come recita lo stesso titolo. Partiti e leader populisti aspirano a conquistare la maggioranza dei consensi e a governare (Berlusconi, Kaczynski, Orban, Trump, Di Maio-Salvini). Con la fine della guerra fredda prima e con la crisi finanziaria del 2007 poi il populismo ha guadagnato terreno in modo inaspettato. Infatti la crisi economico-finanziaria e la globalizzazione hanno penalizzato e ristretto il potere della classe media, l’attore sociale della democrazia costituzionale del dopoguerra.

Nell'introduzione, data la competenza politologica degli Autori, si mette in risalto che "alcune di queste importanti letture mostrano insufficiente attenzione all’aspetto istituzionale, ovvero al rapporto polemico del populismo con la democrazia rappresentativa, le sue procedure e le sue istituzioni; tutte mostrano un’insufficiente attenzione al rapporto tra il declino della democrazia dei partiti e delle ideologie classiche e la riconfigurazione della politica secondo modelli che sono più personalizzati e si servono di un impiego massiccio dei mass media e di Internet nella costruzione del consenso". Il populismo recente è parte di un contesto storico complesso, per le grandi trasformazioni che negli ultimi decenni hanno interessato sia la democrazia rappresentativa sia il suo contenitore storicamente dominante, lo Stato nazionale, un contesto eccentrico rispetto a categorie politiche tradizionali. E la  risposta al populismo attuale non può essere semplicemente il ritorno allo status quo ex ante della democrazia liberale rappresentativa.

Il contributo di Nadia Urbinati, docente di Teoria Politica alla Columbia University,  intende rispondere alla domanda "che cosa rende il populismo diverso dalla democrazia", poiché entrambi sono fondati sul principio di maggioranza. Analizza la trasfigurazione della maggioranza che mette in atto il populismo per la natura “parassitica” rispetto alla democrazia. Con categorie innovative nel campo degli studi politologici, la Urbinati sostiene che il populismo sta in una relazione “parassitaria” non tanto con la democrazia, quanto con la democrazia rappresentativa. "Esso cioè si alimenta dei principi e delle procedure della democrazia - il popolo, la maggioranza, l’elezione - e in questo senso è parassitario, cioè non mette capo ad un sistema politico autonomo o radicalmente esterno alla democrazia". Il populismo trasforma radicalmente i fondamenti della democrazia, per cui una democrazia populista può certo esistere, anche se è diversa da quella rappresentativa o dei partiti. In questa trasmutazione, secondo la Urbinati, un ruolo centrale è giocato proprio dalla rappresentanza, utilizzata per costruire e celebrare l’unità della volontà popolare, non per dare voce ai vari interessi, idee, richieste che nascono dalla società, ma  per reclamare una unità di voto che include tutti gli interessi. In tal senso, il populismo prende il posto della sovranità popolare, ne fa una forza che si impone nell’arena del consenso, e la spoglia di ogni significato di generalità e di condizione normativa di legittimità.

In questo campo di riflessioni istituzionali dei rapporti tra Populismo e Democrazia, un secondo capitolo è dedicato da Paul Blokker al populismo come progetto costituzionalista: secondo questo studioso tale modello promuove uno suo specifico disegno di costituzionalismo che si riconnette piuttosto  alla tradizione radicale, rivoluzionaria ed emancipativa del costituzionalismo ma la deforma a causa della sua interpretazione estrema delle regole del gioco democratico. In questo capitolo, l’A. propone una breve ricognizione del nesso tra populismo e costituzionalismo, per poi discutere temi fondamentali per il costituzionalismo populista come la sovranità popolare, il risentimento giuridico e l’attivismo costituzionale.

Debora Spini esplora un altro aspetto poco discusso nel dibattito corrente, il rapporto tra populismo e religione che non riguarda solo l’Europa ma anche l’Asia , che porta a comprendere il populismo come una forma di politicizzazione della religione che assorbe e trasforma tradizioni e simboli religiosi  secondo il melting pot, si direbbe,   del disegno populista e non è spiegabile con termini familiari di “ritorno del sacro” o di “post- secolarizzazione”.E’ interessante una puntualizzazione dell’A. sulla concezione del “popolo” secondo papa Bergoglio che "non è articolato in classi o in gruppi sociali, ma si identifica con gli ultimi in opposizione secca con le oligarchie, e pertanto si investe di un ruolo salvifico, in quanto unico portatore di valori alternativi a quelli di mercato".

Completano la serie alcuni studi su tematiche non certo minori come il genere e il ruolo femminile nel populismo, una questione poco visitata (Raffaella Baritono); l'anti-partitismo come questione centrale dei movimenti populisti (Davide Ragazzoni), un tentativo di bilancio alle esperienze neopopuliste latino-americane (Manuel Anselmi); un’analisi strutturale delle relazioni tra populismo e democrazia diretta (Michele Sorice); il populismo in relazione a fenomeni nuovi ma decisivi delle democrazie contemporanee: la democrazia digitale, la tecnocrazia, le piattaforme digitali (Emiliana De Blasio). Il volume si chiude con il capitolo di Patricia Chiantera-Stutte che analizza il rapporto tra populismo ed euoscetticismo, bandiera dei movimenti populisti nei confronti delle burocrazie e politiche dell’UE, troppo poco esplorato nella sua complessità.

Studi accademici di alto profilo sul fenomeno del populismo come movimento di lotta che ormai governa in paesi del nostro continente, ed aspirano a governare, con un linguaggio tipico di studiosi ma fruibile anche da non esperti del campo, che scioglie nodi di dibattiti politici che risentono di superficialità ed ignoranza diffusa. Un vero strumento di studio e di approfondimento per studiosi, studenti, desiderosi di comprendere le trasformazioni politiche del nostro tempo.

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