Ministro o capo popolo


di Domenico Pizzuti sj


La capitana tedesca Carola Rackete, dopo lo sbarco di 40 stremati naufraghi, è stata arrestata e compare in queste ore davanti alla Magistratura italiana - Procura di  Agrigento - per la conferma dell’arresto. Mentre il Presidente della Repubblica federale tedesca afferma che Carola non può essere considerata in alcun modo una criminale, il Ministro degli Esteri tedesco ha chiesto il suo rilascio, e il nostro Presidente della Repubblica ha replicato che la  Magistratura italiana è assolutamente indipendente dalla politica, riferendosi alle ripetute richieste del Ministro dell’interno di sanzioni alla comandante per reati commessi nella conduzione della nave.

Nei 17 giorni che hanno richiamato l’attenzione sulla nave con i 42 naufraghi soccorsi in mare, ci ha colpito la VIOLENZA di atteggiamenti, dichiarazioni, espressioni del Ministro dell’interno. Si va dall'iniziale “sbruffoncella” a volgari espressioni da bar, all'affermazione che il tentativo di forzare il blocco costituiva un atto di guerra, da sanzionare a suo dire con la prigione o l’espulsione, fino alle odierne insistenze di auspicata convalida dell’arresto. 
Di questo linguaggio colpisce il tono violento ed aggressivo, l'insistenza palese nel delegittimare e sanzionare la Rackete come una criminale, per aver violato porti vietati a questi carichi umani di naufraghi del mar Mediterraneo.

Atteggiamenti, comportamenti, dichiarazioni inaccettabili per un Ministro dell’interno che richiedono qualche spiegazione ulteriore, perché al di là dei tratti caratteriali e delle funzioni di potere che esaltano talora chi le ricopre, si può intravedere una anomalia istituzionale. La stessa persona sembra ricoprire la funzione di Ministro dell’interno nel governo attuale, e anche di leader della Lega, capopopolo in continua propaganda elettorale per le piazze del paese, che poi si riversano sugli schermi televisivi. 

Nella sua funzione di Ministro dell’interno si rivolge a tutti i cittadini italiani, mentre come leader riconosciuto della Lega rappresenta un elettorato particolare - per quanto numeroso - e quindi non l’intero mitico “popolo” in maniera indifferenziata, invisibile ed afono, che parla attraverso il leader in cui ripone fiducia. Secondo queste considerazioni, in sede interpretativa, siamo giunti alla conclusione che questo comportamento in doppia veste abbia i caratteri (evidenziati da diversi studi politici) del leader di movimento populista, che rappresenta e parla a nome di un popolo nel suo complesso. 

Occorre fare attenzione non tanto agli aspetti folkloristici del personaggio, ma alle distorsioni dei ruoli pubblici con tratti populistici.

***

Cfr l’ebook POPULISMO O DEMOCRAZIA, Domenico Pizzuti, 2019

Commenti

Più letti