Gesuiti: dal Vaticano II a papa Francesco

di Domenico Pizzuti sj


Ho letto con interesse e partecipazione la brillante e penetrante nota del Padre Generale della Compagnia di Gesù, Arturo Sosa - che ammiro per la sua ricca umanità e l'approccio razionale - a commento del volume di La Bella, I Gesuiti. Dal Vaticano II a Papa Francesco (ed. Guerini ed Associati). Anche se non ho trovato il medesimo interesse ed entusiasmo in altri confratelli, impegnati più di me in attività apostoliche locali. 
Non si tratta di una vera e propria recensione, ma di una rilettura personale e come Preposito della Compagnia di Gesù delle grandi ed interessanti trasformazioni della Compagnia di Gesù lungo il periodo storico dal Vaticano II ad oggi, che ha visto protagonisti Pedro Arrupe, Peter-Hans Kolvenbach e Adolfo Nicolàs, sotto la responsabilità di tre santi papi: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, e di due papi viventi: Benedetto XVI, emerito, e Francesco.

Il volume dello storico La Bella è l’occasione per una rilettura personale e responsabile da parte del Preposito Generale della Compagnia di Gesù di questa storia anche per richiamare due punti fondamentali del Carisma della Compagnia: in primo luogo la relazione tra i gesuiti e la Chiesa cattolica attraverso il Romano Pontefice ("Servire solo il Signore e la Chiesa sua Sposa sotto il Romano Pontefice"), perché è lei che ha ricevuto la responsabilità di condurre la missione di riconciliare la storia umana nel Crocifisso che è risorto, e da cui la Compagnia riceve a sua volta la missione, perché apre la possibilità di compiere un servizio migliore. 

"La Bella spiega il processo vissuto dai capi della Compagnia di Gesù con un'espressione coniata da Peter-Hans Kolvenbach: fedeltà creativa", che è la manifestazione della tensione propria del carisma della Compagnia di Gesù, in forza della quale non può rinunciare a cercare nuovi cammini per realizzare la sua missione. Fedeltà che è anche consonanza di pensiero ed azione con l’attuale Pontefice, che incontra ostilità all'interno e fuori della Chiesa. Poco sento evocate le parole, i gesti, i viaggi di Francesco in ambienti religiosi, perché osserva p. Sosa "abbondano anche coloro che procedono carichi di tutto ciò che è stato accumulato nella vita precedente". 

Si tratta di promuovere e vivere questa consonanza con convinzione ed affetto, perché è vera obbedienza all'attuale Pontefice, anche riconosciuto da molti come leader mondiale. Infatti secondo un’altra dichiarazione di Sosa "Francesco è uno dei pochi, direi l’unico leader mondiale, che mette sul tappeto i grandi problemi dell’umanità, come la guerra, la discriminazione, la protezione dell’ambiente, il traffico di esseri umani, di cui altri politici non parlano". Sarebbe incongruo che Papa Francesco ricevesse ammirazione e plauso da tanti di buona volontà, e invece indifferenza e distanza da suoi pastori ed operatori pastorali. 
Ritengo che al di là di ciò che è stato accumulato nella vita precedente, influisca talora l’ambiente religioso locale (devozionale) non sempre incline al cambiamento. Si rileva talora una omogeneizzazione indebita negli stili di vita del presbitero religioso a quello del presbitero diocesano.

In secondo luogo Sosa richiama un aspetto talvolta non messo a fuoco, cioè che "la massima autorità istituzionale, cioè la Congregazione Generale ha aperto orizzonti originali alla formulazione della missione dei gesuiti. (...) Un unico corpo al servizio della fede ed alla promozione della giustizia, aprendosi al dialogo con le culture e le religioni". 
Cioè il carattere normativo dei Decreti delle Congregazioni Generali, specialmente recenti, solleva il problema dell’attuazione o meno di esse nella vita e nell'attività dei gesuiti in Italia, pur con interessanti tentativi di rinnovamento e programmazione delle attività. Sono felice di appartenere a questa “grande” Compagnia, pur vivendo nelle “piccole” Compagnie locali.

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