La narrazione di una crisi
di Domenico Pizzuti sj
A noi semplici
cittadini l’attività politica per la
formazione di un nuovo governo appare come una “rappresentazione” che diventa una grande “narrazione” al di là degli attori politici del momento. Trattando di post-politica, Marco Revelli individua la
crisi della politica "intesa come spazio pubblico, all’interno del quale
una comunità umana definisce le linee fondamentali della propria vita collettiva"
(La politica senza politica, Einaudi 2019). Da qualche tempo (al passaggio di secolo) la
politica ha cessato di operare come
"principio attivo", come poiesis,
come attività concreta che una comunità concreta esercita su stessa in vista di
un fine condiviso; per assumere la forma di astratta pratica linguistica, racconto circolare e autoreferenziale, spesso
auto-celebrativo e rassicurante, ma non
partecipativo e creativo.
E’ questo il racconto che
anche adesso nel dialogo tra Partito
Democratico e Movimento 5 Stelle viene narrato attraverso diversi attori, nei TG e sui giornali. Il problema è se e
come la ridda di trattative su un programma comune contribuisce a definire le linee fondamentali della vita collettiva. E’ chiedere
troppo ai nostri politici, nelle loro diversità di visioni e di esperienze politiche, come di caratteri
personali.
La
personalizzazione della politica appare specie nell’ambito mediatico e si fonda sull'esaltazione di un “capo politico” che assume tutte le decisioni spesso senza
consultazione organi di partito; cosa non sempre premiata dal successo come nel caso della crisi attuale nata da una personale decisione di Matteo Salvini. In connessione con questa
personalizzazione si innesta la
centralità della presenza mediatica, più facile all'abilità di alcuni e non di altri, ne sono esempio Matteo Salvini e Beppe Grillo.
In
attesa di conoscere il definitivo
programma di governo giallo-rosso, ci siamo spesso interrogati non solo sui
punti di programma che le due parti esibivano, ma su alcune linee fondamentali per la
modernizzazione del paese che non risultano menzionate: per esempio come promuovere la crescita
economica dopo i vincoli dell’austerità; in quali settori e con quali risorse (green economy?); la promozione
inclusiva dei diritti civili con il superamento degli scellerati decreti
salviniani; e
naturalmente la centralità della scuola per la crescita culturale e civile del
paese su cui bisognerebbe riversare risorse per una sua modernizzazione.
Questa crisi politica sembra svilupparsi non tanto per evitare nuove elezioni ma per contrastare una manifesta deriva di destra
anche radicale nel paese, grazie ad una maggioranza di governo democratica e
progressista. Questa intesa acquista anche il chiaro significato di ricondurre il Movimento 5 Stelle nell’ambito
del campo democratico ed europeo, superando non poche ambiguità.
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