Una chiesa dei laici a Napoli

di Domenico Pizzuti sj


Riflettendo su un impellente rinnovamento della vita ecclesiale - non sempre cristiana - nell’area napoletana, varie modalità (Buona dottrina evangelica, culto della Parola di Dio studiata, meditata, praticata, partecipazione dei laici alla vita dellecomunità cristiane, “chiesa in uscita”) mi sono sembrate inadeguate o settoriali anchese da percorrere. 

Ed allora mi si è parata dinanzi alla mente una VISIONE per questa opera di rinnovamento, cioè l’affermazione profetica della Congregazione Generale XXXIV (1995) della Compagnia di Gesù, al Decreto n. 13 dove con audacia si afferma:
"Una lettura dei segni dei tempi a partire dal Vaticano II mostra senza ombra di dubbio che la Chiesa del prossimo millennio sarà la “chiesa del laicato” ". Tale Visione (Chiesa dei laici a Napoli) sposta in avanti ogni attuale situazione delle comunità cristiane, indicando una meta di rinnovamento per essere veramente “comunità cristiane” nell’area napoletana.

E’ un’ispirazione che deve diventare realizzazione, un autentico “sommovimento spirituale” perché proveniente dallo Spirito e non da progettazioni umane, e quindi possibile solo nell’ascolto dello Spirito e nell’animazione delle comunità cristiane da parte dello Spirito. Questa visione di “Chiesa dei laici” anche a Napoli si fonda sulla dottrina conciliare della centralità del “Popolo di Dio” senza distinzioni di generi, funzioni e servizi, che presa sul serio implica un autentico ribaltamento nelle mentalità e nella pratica: dalla centralità dei preti - come mi sono reso conto nella mia vita in quest'area, pur con significative figure specie nelle periferie - a quella dei laici. 

Essa è già avvenuta storicamente nella vita dei cosiddetti nuovi movimenti” dopo il concilio Vaticano II, anche se sembrano operare “sottotraccia” in autonomia. Vuol dire che “si puote!”. Questa visione implica chiaramente un superamento non solo del “Clericalismo” dei preti, ma soprattutto quello dei fedeli che così delegano tranquillamente la vita delle comunità cristiane ai sacerdoti come si dice a Napoli. Praticamente implica considerare la comunità cristiana di appartenenza come cosa propria da gestire comunitariamente in maniera ordinata con una “diaconia collettiva”, il modello è quello di diaconi permanenti che in alcuni casi gestiscono tutta l’attività pastorale di una parrocchia.

Per non restare nell’astratto, un’applicazione concreta di questa Visione è la partecipazione dei laici alla celebrazione domenicale della Messa di cui ogni comunità cristiana - per non ascoltare solo la Messa come si dice a Napoli - deve trovare le modalità concrete, perché si tratta fondamentalmente di riscattare il cosiddetto “sacerdozio comune dei fedeli”, messo da parte, fino al “sacerdozio femminile” che deve maturare nel tempo. In uno scritto di alcuni anni fa abbiamo dimostrato che è possibile se non viene concepito come pretesa ma come vocazione che affiora nella vita delle comunità. Se presa sul serio, nell’ascolto dello Spirito, tale Visione è apportatrice di autentico rinnovamento ecclesiale, perché fondamentalmente non è opera nostra.

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