Modelli criminali di ieri e di oggi. Un libro eloquente

di Domenico Pizzuti sj



Nell’attenzione al fenomeno delle organizzazioni criminali in alcune regioni del nostro paese, ho affrontato la lettura del recente volume di Giuseppe Pignatone e Michele PrestipinoModelli criminali. Mafie di ieri e di oggi, Laterza 2019.
E' basato fondamentalmente sulle esperienze professionali degli autori, Giuseppe Pignatone già Procuratore della Repubblica a Palermo, Reggio Calabria, Roma; Michele Prestipino già Procuratore aggiunto a Roma e prima nella Direzione distrettuale antimafia di Palermo e Reggio Calabria. Esperienze che hanno riguardato Cosa Nostra in Sicilia, ‘ndrangheta in Calabria, e “piccole mafie” a Roma e nel Lazio, ma non associazioni di tipo camorristico.

Alla luce di significativi cambiamenti sia nei rapporti di forza delle organizzazioni criminali con il mondo esterno e tra loro, sia nelle conoscenze acquisite soprattutto da indagini e processi giudiziari negli ultimi quindici anni, i due magistrati propongono un’analisi di modelli criminali di tipo mafioso esistenti in Italia - non definendo cosa si intende per modelli applicati alle organizzazioni criminali - delle loro caratteristiche strutturali, dei sistemi di governance, delle loro relazioni con il mondo "altro", a partire dalle imprese e dalla politica, delle modalità di investimento dei guadagni illeciti, del ricorso a metodi corruttivi e collusivi, e di alcuni strumenti di contrasto delle organizzazioni criminali. Le mafie, è stato osservato, non sono mai esistite isolate dal contesto, le cose che le accomunano sono altrettanto importanti di quelle che le differenziano, e solo conoscendole meglio si potranno meglio combattere. Anche se in sede di ricerca scientifica si specifica che le mafie vanno studiate nelle loro specificità e differenze in riferimento al contesto, per evitare indebiti accostamenti. 

In riferimento alla presenza delle mafie, in particolare di quella calabrese, nel Centro e Nord d’Italia, ma anche in altri paesi europei, gli Autori segnalano un dato che costituisce una vera novità: "Si tratta del modello di espansione delle strutture della ‘ndrangheta, quello della colonizzazione, che sotto questo specifico profilo la differenzia da ogni altra organizzazione di tipo mafioso. Infatti la ‘ndrangheta quando si espande fuori dall'originario territorio (...) vi esporta la propria struttura organizzativa e con essa il metodo mafioso, ed esporta anche quel sistema relazionale attraverso cui è in grado, persino fuori del territorio calabrese, di raggiungere pezzi di imprenditoria, libere professioni, politica, pubblica amministrazione".

Nella prima parte dedicata a Cosa nostra e ‘ndrangheta si analizzano congiuntamente i tratti della dimensione organizzativa delle due organizzazioni criminali, specialmente sotto il profilo degli organi di comando, Commissione per Cosa nostra e Provincia o Crimine per la ‘ndrangheta, come è stato recentemente accertato, i modelli di espansione di cui sopra, e la c.d. cultura della mafia. Nell’ambito della dimensione organizzativa, secondo i due autori, giocano un ruolo importante i “legami di sangue” e l’uso distorto del sentimento religioso. 

"Le mafie hanno fatto ampio uso del concetto di famiglia, del suo contenuto identitario e valoriale, sovrapponendo le sue regole a quelle della propria organizzazione, realizzando una mistificazione di grandissima efficacia. Si tratta di un fenomeno antico, il nuovo adepto doveva giurare fedeltà alla famiglia, proprio come accade ancor oggi (...). Alla famiglia di sangue si appartiene già, in quella mafiosa si entra, ma proprio la formula del giuramento ha la funzione di assimilare il legame tra il soggetto ed il gruppo criminale in cui sta per fare ingresso al legame tra l’individuo e la sua famiglia di sangue". 

La necessità di far riferimento alla famiglia serve ad individuare il nucleo originario, di base della struttura mafiosa. Al di là dell’uso distorto e di facciata della religiosità da parte di mafiosi, in merito all’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del fenomeno mafioso, negli ultimi due/tre decenni progressivamente si è presa coscienza - con gli interventi di san Giovanni Paolo II in Sicilia, dei vescovi siciliani e della stessa CEI - dell’incompatibilità dell’essere mafioso ed essere cristiani, e si è definita la mafia come un “cancro” della vita sociale. 

Una seconda parte aggiornatissima alle ultime decisioni dei giudici romani è dedicata alla presenza della mafia a Roma e nel Lazio, sia agli affari delle mafie tradizionali a Roma, sia alle "piccole mafie" (dal caso di Ostia ai Casamonica), a "mafia capitale", cioè alla teoria del mondo di mezzo ed alla variegata presenza di gruppi criminali nel basso Lazio. Dalle vicende romane, nella terza parte, si prende spunto per affrontare un aspetto oggi centrale nelle pratiche mafiose, l’utilizzo sistematico di metodi corruttivi e collusivi, senza mai dimenticare che mafia e corruzione sono due cose diverse. Infine, vengono esaminati in maniera dettagliata i progressi della normativa dell’aggressione ai patrimoni mafiosi con la confisca e sequestro dei beni illecitamente accumulati, che incide profondamente nei proventi degli affari delle mafie. Uno strumento efficace di lotta alle organizzazioni criminali.

Un volume importante sulle "mafie di ieri e di oggi".

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