Sui Rom il rischio dell'impotenza - NapoliMonitor

di Emma Ferulano


Di recente ho rivisto un cortometraggio, Il quarto piano, che abbiamo fatto molti anni fa, in cui un gruppo di bambini rom e italiani, dopo aver dipinto la casa dei sogni all’interno di un appartamento diroccato, occupato e “rigenerato”, della vela gialla di Scampia, accompagnano un giovane straniero, proveniente da chissà dove, in un tour muto e un po’ magico, come un grande gioco dei mimi. Annaffiare le piante, farsi la doccia, mettere la musica, farsi belli, avviare una lavatrice, stappare una bottiglia, leggere un libro, ballare, aggirarsi per casa, lavare i piatti, scegliere un vestito, suonare la chitarra, guardare una partita, sorridere davanti al panorama di periferia intravisto da un terrazzo. Gesti della vita quotidiana, in cui l’acqua è la protagonista, messi in atto da un gruppo di bambini sognatori ma con le idee chiare, che nella realtà vivono circondati da cumuli di macerie, in baracca ma anche nelle vele o in altri rioni. Ci conducono per mano nella loro casa e pian piano gli occhi si aprono, ci scuotiamo dall’incanto e ci rendiamo conto delle responsabilità che pesano su chi li ha condannati a vivere in una condizione in cui lavarsi i capelli diventa una fantasia.

Le bambine e i bambini rom hanno continuato a nascere e crescere negli stessi luoghi fino a oggi, quando nella metropoli napoletana si contano decine di campi, tra abusivi spontanei e “villaggi” o centri di accoglienza legali. Anche i bambini napoletani hanno continuato a crescere nelle vele o in altri rioni popolari ma questa è un’altra storia che ogni tanto si incrocia con la nostra. A eccezione dei pochissimi che riescono a spostarsi in appartamento, o di quelli che resistono in una determinata zona contro ogni pronostico, le variabili sono: spostarsi da un campo all’altro a causa di sgomberi oppure andarsene via, cambiare paese, trovarsi da soli soluzioni accettabili. È una vecchissima storia che, con amara ironia, finisce con il dare ragione a chi ritiene che i rom siano “nomadi”.

Un abitare dignitoso, documenti, lavoro, diritti di cittadinanza, accesso alla salute, sono lotte quotidiane dalle quali è molto difficile risultare vincitori. Il diritto alla vita viene sistematicamente messo in discussione. Ma le comunità rom della Campania, e dell’Italia, non sono le uniche a trovarsi in condizioni estreme. Non è un caso che nasca nel 2011 una Strategia di inclusione delle comunità RSC – rom sinti caminanti, voluta dall’Europa e diramata agli stati membri, che si articolava intorno a quattro assi di intervento – l’abitare, il lavoro, la sanità, l’istruzione – con fondi destinati alla implementazione della medesima strategia, declinata in maniera differente a seconda delle zone e delle politiche pubbliche...

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