Chi decide sul celibato? Non gli interessati

di Domenico Pizzuti sj


Considerando chiusa per certi versi la polemica sul celibato sacerdotale con la dichiarazione di papa Francesco: “Con Ratzinger nessuna polemica sul celibato”, siamo consapevoli che in un’organizzazione di milioni di persone le opinioni diverse sono la norma come che ci siano degli oppositori. Rimane il fatto di un’operazione editoriale e mediatica (se non a vantaggio personale) che cerca di influenzare le decisioni del Papa sul documento in elaborazione, relativo al sinodo amazzonico. Sinodo che aveva votato tra l’altro, anche se minoritaria, l’eventualità di conferire il sacerdozio a diaconi sposati per garantire la celebrazione dell’eucarestia ed i sacramenti alle comunità prive di sacerdoti stabili.

Di questa “polemica” ci ha colpito l’affermazione del Card. Sarah che si trattasse di un PROGETTO - anche se di pubblicazione di un libro - non strettamente scientifico, per riaffermare la validità del celibato sacerdotale anche in situazioni di frontiera, e non dare adito ad un’estensione di un sacerdozio non celibe. Quello che non capiamo, non solo dell’operazione editoriale, è l’enfasi (se non sacralizzazione) data alla questione dagli stessi Ratzinger e Sarah, quasi si trattasse di vita o di morte per la vita della Chiesa nel ventunesimo secolo. 

E’ noto che l'obbligo del celibato è soltanto una legge che come tutte le norme può essere all'occasione anche cambiata, la quale storicamente ha garantito dei vantaggi alla Chiesa o alle chiese. Il punto, a nostro avviso, è un altro: chi decide nella Chiesa che anche oggi il sacerdozio sia accompagnato dal celibato? Di fatto due eminenti ecclesiastici, Ratzinger - vescovo emerito della chiesa di Roma - ed il Card. Sarah Prefetto del Culto Divino. 
E la decisione ultima spetta a Francesco, anche se il sinodo amazzonico dei vescovi ha previsto la possibilità di conferire il sacerdozio ad uomini sposati. 

Da queste decisioni sono esclusi i diretti interessati, sacerdoti e fedeli, che potrebbero almeno svolgere libere discussioni nelle chiese come invece non si ravvisa, almeno in Italia, neanche da parte dei nuovi movimenti ecclesiastici. Viene chiaramente in evidenza la permanenza di una struttura gerarchica ed autoritaria della Chiesa come istituzione, se non maschilista e gerontocratica, anche se cerca di vivere nel solco della Tradizione.

Se dovessimo esprimere una o due preoccupazioni in questa materia, in primo luogo vorremmo che il celibato liberamente intrapreso non tarpi non tanto una retta sessualità, ma la capacità di “amare”, perché se nella vita non si ama, che vita è? In secondo luogo che non venga tarpata l’umanità da una banale vita da single, e non di generosa donazione agli altri. Infine, a nostro avviso, anche sulla questione del celibato occorre parlare meno di leggi e norme, e più di Bibbia e Teologia.

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