La questione Rom nell'area napoletana. Aggiornamenti

di Domenico Pizzuti sj


In riferimento ad una mia relativa assenza sul campo e non sul tema, alla scomparsa della “questione Rom” dal dibattito politico e dalle problematiche della pubblica opinione, alla latitanza di intervento e di programmazione da parte delle Amministrazioni pubbliche, cittadina e regionale, negli ultimi anni, ho deciso all’inizio di questo 2020 di riprendere in mano la “questione Rom” a Napoli e dintorni insieme ad altri, per un contributo di riflessione ed intervento nel dibattito politico e culturale, per il riconoscimento dei diritti ed un miglioramento delle condizioni di vita sul territorio.

Ho perciò incontrato di mia iniziativa a Scampia, presso il ristorante etno-gastronomico Chikù, Barbara Pierro ed Emma Ferulano dell’Associazione “Chi rom...chi no”, in ragione delle loro esperienze e riflessioni riconosciute su questa tema, per una ripresa ed approfondimento della “Questione Rom”, mettendo per ora sul tappeto vari aspetti di essa a nostra conoscenza. E contribuire ad una convergenza dei vari interventi ed approcci di Associazioni, Comitati, singoli volontari pro Rom, attivi a Napoli e dintorni.

In primo luogo si è ritenuto necessario definire il campo di osservazione ed intervento per quanto riguarda le diverse presenze territoriali delle popolazioni Rom in campi ufficiali e spontanei nell’area napoletana, senza per ora procedere ad un censimento quantitativo/qualitativo di queste presenze. 

A Scampia dal 2000 esiste il campo comunale in un’area alle spalle del Carcere di Secondigliano, ed uno spontaneo a Cupa Perillo da circa tre decenni, di Rom provenienti dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia. 
Proseguendo per Secondigliano esiste un campo comunale recente per qualche centinaio di Rom sgomberati forzatamente da due campi di Gianturco, con relativa dispersione senza alternative di centinaia di famiglie Rom; alcune centinaia dopo ripetuti sgomberi hanno trovato sistemazione provvisoria in un’area del Mercato abbandonato.

Inoltre sono da segnalare in seguito alla prima ondata di Rom romeni le famiglie ospitate dal Comune in una struttura scolastica abbandonata, la “ Scuola Deledda”. 
Sempre nell’area napoletana si annovera da decenni il campo di Barra-Ponticelli, nascosto alla visibilità, un centinaio di tranquille famiglie Rom. 
Presenza rilevante e critica per i ripetuti sgomberi forzati e le critiche condizioni di vita è quella delle famiglie Rom di Giugliano, a causa della latitanza del Comune a provvedere soluzioni abitative alternative  - come ingiunto da organi della Comunità Europea. Il campo è oggetto di assistenza da parte dell’Associazione “Arrevotammoce”.
Infine le famiglie Rom del campo di Casoria con alcune decine di famiglie Rom con criticità di condizioni di vita irrisolte.

Proseguendo la riflessione per quanto riguarda la presenza ed intervento di gruppi di volontariato pro Rom, a mio avviso si rileva negli ultimi anni:

- una frammentazione di tali presenze - in libera uscita si fa per dire - non coordinate che forse hanno riempito spazi non occupati, con diversa impostazione: assistenziale, di difesa e promozione dei diritti delle popolazioni Rom, in riferimento alla criticità delle condizioni di vita ed emergenze di vari campi, ed una visione più politica e culturale per una risoluzione secondo la normativa europea e nazionale in contatto con le pubbliche amministrazioni interessate;

- un problema effettivo di rappresentanza dei bisogni e diritti delle popolazioni Rom nel territorio nei confronti delle pubbliche istituzioni e dell’opinione pubblica, che certo non spetta solamente alle associazioni nel loro complesso o a singole associazioni. Dopo il fallimento di un mio tentativo di costituire una rete di queste associazioni a Napoli, occorre studiare le sedi e le forme di convergenza di tali Comitati ed associazioni per un’efficace rappresentanza nei confronti delle istituzioni.

- una progettazione comune dal basso nei confronti dell’Amministrazione comunale e regionale, per il riconoscimento dei diritti dei Rom, e il miglioramento delle loro condizioni di vita, da elaborare nuovamente con una convergenza di conoscenze e la presentazione di proposte riguardanti gli assi "abitazione - istruzione - sanità - lavoro" da parte dei gruppi di volontari operanti.

Da queste brevi note, è chiara la condizione di abbandono e precarietà degli abitanti di queste baraccopoli, e soprattutto negli ultimi anni la lontananza e latitanza dell’amministrazione comunale che configura un autentica grave “omissione” delle normative europee e nazionali per mancanza di una vera programmazione di interventi in un confronto con le associazioni operanti sul territorio. 
A nostro avviso ma non solo, al di là delle situazioni locali, il problema di fondo è non solo o tanto la regolarizzazione delle presenze sul territorio e l’acquisizione della cittadinanza secondo le regole vigenti, ma la mancanza di RICONOSCIMENTO culturale di questa minoranza nel nostro paese, di cui esistono diverse proposte giacenti alla Camera e al Senato. 

Rimane tuttora irrisolto il problema del superamento della sistemazione dei Rom in campi, per cui l’Italia è stata definita campland, per favorire l’inclusione abitativa da implementare secondo diverse alternative pubbliche e private. Infine si intende proporre ai vari gruppi di volontariato pro Rom un Seminario di studio metodologico, per favorire una visione comune delle politiche sociali pro Rom con la partecipazione di rappresentanti di varie esperienze da altre regioni italiane, presumibilmente nel mese di maggio. La definizione di questo Seminario è affidata a Barbara Pierro, e ne sarà data comunicazione.

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