Non più cristiani

di Domenico Pizzuti sj


Non deve sfuggire una concorrenza di messaggi in occasione della festività del Natale e della tradizione del Presepe. In primo luogo, in occasione degli auguri alla Curia Romana, sabato 21 dicembre, papa Francesco poneva come punto di partenza la consapevolezza che ormai «non siamo nella cristianità, non più». Significa che «le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale». 

Detto in altro modo, più perentorio, «non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata». Un’affermazione di fatto, una presa d’atto che non è soltanto il frutto di analisi empirica, - su cui esiste da decenni una vastissima letteratura di analisi ed interpretazione della “secolarizzazione” -, che è funzionale alla riforma della Curia e dei suoi dicasteri. «Un cambiamento d’epoca che richiede anche un riposizionamento del modo di pensare e, sotto il profilo più strettamente pastorale la necessità di ripensare la tradizionale distinzione tra la Congregazione per la Dottrina della fede e quella per l’evangelizzazione dei popoli»

Nello stesso tempo, papa Francesco da Greccio in data 1 dicembre 2019 firmava una Lettera apostolica sul significato e valore del presepe, per «sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze... Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata»

Nella stessa data del 21 dicembre, Matteo Salvini si presentava al Congresso della Lega per sancire il carattere nazionale dell’organizzazione con un piccolo presepe, dono di un artigiano napoletano, che assumeva il tono di una sfacciata strumentalizzazione di un simbolo religioso per scopi di consenso da parte dell’elettorato. Siamo veramente disgustati per questo uso del presepe (un artefatto) al di fuori di un contesto religioso, e che è anche “incostituzionale” per la laicità dell’azione politica. Come abbiamo a suo tempo notato, "la Lega cerca un punto di equilibrio nel declinare l’appartenenza religiosa in termini di belonging più che di believing, ovvero nell’ abbracciare una versione di cattolicesimo declinato in termini esclusivamente culturali che non richieda una forte e genuina adesione a un contenuto di fede: un Cristianesimo senza Cristo” (Debora Spini, Dio del popolo e popolo di Dio in “Populismo di lotta e di governo”, Fondazione G. Feltrinelli, 2018). 

Ne tengano conto i vescovi, sacerdoti e cristiani che simpatizzano per questa versione dell’uomo forte, tra l’altro capace continuamente di sovvertire la realtà per i propri scopi propagandistici, in cui non c’è verità. Rimane il problema se questo vuoto di riferimenti di fede per la propria vita, non sia poi compensato sul piano identitario da tradizioni di matrice religiosa o meno.

Commenti

Più letti