Scampia al tempo delle Sardine

di Domenico Pizzuti sj

In concomitanza con il Congresso del movimento delle “6000 Sardine” a Scampia, il 14 e 15 marzo presso il ristorante etno-gastronomico Chikù, è opportuno offrire una visione più equilibrata dei problemi e delle risorse del quartiere Scampia, per lungo tempo segnato da uno stigma negativo del quartiere e della popolazione. 

Anche il leader delle Sardine Matteo Santori ha parlato di Scampia come uno dei quartieri più giovani che ha vissuto una demonizzazione mediatica che non riflette la realtà, perché il volto del quartiere di Scampia dopo circa quarant’anni è lentamente cambiato per alcun ritocchi urbanistici e lenti processi di incivilimento. 

Allo stato attuale riteniamo che si possa e si debba parlare di un ordinario caso di emarginazione urbana in una periferia dell’area nord di Napoli con “tratti di normalità”.

La realtà sociale di Scampia - secondo la sociologa Enrica Morlicchio - é lontana sia dalla rappresentazione corrente di un quartiere interamente sotto il controllo delle nuove famiglie camorristiche, sia di un quartiere del riscatto morale, ricco di vitalità, umanità, cultura. "Il problema è che in entrambi i casi si tratta di rappresentazioni, centrate più sulla visibilità sociale di alcuni fenomeni, di alcune componenti che sulla loro effettiva consistenza. In tal modo viene oscurata la vasta area grigia al cui interno ricadono soggetti e situazioni meno facilmente classificabili in termini di bene e di male".

Scampia è certamente un’area di grandi potenzialità, non solo per la presenza di ampi spazi di aree verdi, infrastrutture sportive, e diffuse attività culturali. Nello stesso tempo non si possono non prendere in considerazione la endemica precarizzazione del lavoro di giovani e meno giovani, la diffusione del lavoro nero, del sottosalario, che segna le famiglie popolari, e la quasi totale esclusione delle donne a basso titolo di studio dal mercato del lavoro. Si manifesta l’urgenza di politiche sociali realmente a servizio dei bisogni delle famiglie, di cui poco si è parlato e si parla.

Occorre a nostro avviso anche aggiornare l’analisi di alcuni fenomeni più macroscopici sul territorio. Si deve rilevare un cambiamento sul fronte del contrasto alle organizzazioni criminali ed ai suoi traffici, e la permanenza dei due due campi Rom in condizioni di precarietà ed abbandono ai margini del quartiere. Infatti nel corso dell’anno 2012 un’intensa, efficace e determinata azione delle forze dell’ordine ha condotto all’eliminazione delle piazze di spaccio della droga liberando il quartiere dall’aperto traffico e dal flusso dei consumatori. Così si riscattava l’immagine di Scampia come principale mercato della droga nel nostro Paese. Rimane poco comprensibile che questa importante operazione di contrasto alla criminalità organizzata di stampo camorristico non sia stata poi apertamente propagandata come un successo delle forze dell’ordine.

Per quanto riguarda la permanenza dei campi Rom, il quartiere Scampia ha il “privilegio” per così dire di ospitare ai margini del quartiere due campi, uno spontaneo a Cupa Perillo, l’altro comunale a via Circonvallazione esterna a Secondigliano. Il primo nell’area nord del quartiere è un’autentica baraccopoli abitata da circa tre decenni da Rom provenienti dalla dissoluzione dei paesi della ex-Jugoslavia, in una situazione di degrado territoriale. Per la valutazione di mancanza di alternative abitative e lavorative reali, con uno sgombero forzato volontario, negli ultimi anni gli 800 abitanti di un tempo si sono ridotti a circa 350. Una situazione di abbandono ed esclusione territoriale e sociale dei Rom cristallizzatasi nel tempo.