Secolarizzata o devota. L'Europa nelle modernità multiple

di Domenico Pizzuti sj


Leggendo il discorso di auguri di papa Francesco alla Curia Romana, sabato 21 dicembre, il Papa richiama con inaspettata chiarezza - ai fini di una riforma della Curia e dei dicasteri - un “cambiamento d’epoca” per la fine del regime di Cristianità in Occidente, "perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata». 

Significa che "le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale". Due riflessioni affiorano alla mia mente per
evitare improprie generalizzazioni sull'estensione della c.d. “secolarizzazione” nei paesi dell’Occidente. 

La prima. Sotto il profilo della religiosità delle popolazioni occorre distinguere i paesi nordici dell’Europa da decenni secolarizzati sul piano della religiosità, da quelli della c.d. “Europa meridionale”, dove vige (fino a quando?) una minoritaria religiosità devozionale e sacramentale dei fedeli, che però nei comportamenti e nei costumi non è certo animata da esigenze di fede, tanto che convivono nelle stesse persone religiosità di chiesa e secolarizzazione delle pratiche nei vari aspetti della vita sociale. 
Inoltre, non solo nelle regioni meridionali del nostro paese l’etica pubblica non appare informare la vita personale, familiare, sociale. 

Riguardo le esigenze pastorali di annuncio del Vangelo alle popolazioni delle grandi città, evocate da papa Francesco, voglio richiamare un invito chiaro del P. Provinciale dei Gesuiti alla comunità dei gesuiti del Gesù Nuovo a Napoli, - dove nella Chiesa omonima fiorisce un culto popolare al medico santo napoletano Giuseppe Moscati -, ad aiutare i fedeli alla “PRATICA DELLA FEDE” senza ulteriori commenti.

In secondo luogo, un concetto utile da tener presente nell’ambito della teoria della secolarizzazione occidentale o meno, è stato proposto dallo studioso israeliano Shmuel Eisenstadt, cioè le "modernità multiple", nel senso che la laicità occidentale non è l’unica forma di modernità, esistono altre versioni di modernità nelle quali alle religioni è accordato un ruolo più centrale. 

Scrive il sociologo e teologo austriaco naturalizzato americano Peter L.Berger:
"Il sociologo israeliano Shmuel Eisenstadt (1923-2010) in un articolo del 2000 sulla rivista Daedalus ha proposto il concetto di 'modernità multiple' che ha richiamato l’attenzione degli studiosi. Si tratta di un contributo importante alla nostra comprensione della modernità, ed è perfettamente applicabile alla relazione tra secolarità e religione nelle società moderne. L’idea centrale è abbastanza semplice: la modernità non si presenta in una versione unica, ma in diverse versioni" (I molti altari della modernità. Le religioni al tempo del pluralismoEMI 2017).

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