Una domenica nel centro di Napoli

di Domenico Pizzuti sj


Durante una passeggiata domenicale sono entrato nella splendida basilica di Santa Chiara per una sosta in fondo alla chiesa. La mia attenzione è stata catturata a sinistra dell’altare da un trono con veli dai sgargianti colori, che racchiudeva un quadro che da lontano mi sembrava di una nobile signora. Ho poi accertato che si celebrava un triduo in onore della beata Maria Cristina di Savoia (Cagliari 14 novembre 1812 - Napoli 31 gennaio 1836), sepolta nella stessa basilica insieme ad altri reali, detta la “Reginella santa” per la sua carità verso poveri e bisognosi. Nello stesso tempo un grande manifesto invitava i giovani a verificare insieme i propri orientamenti di vita. 

Dalla basilica mi sono recato al giardinetto con giochi per bambini, in un certo stato di abbandono come Il Mattino aveva denunciato. In questa passeggiata meridiana ho incrociato lungo via Benedetto Croce con una certa meraviglia due compagnie di “fujenti”, con labari delle rispettive associazioni della Madonna dell’Arco, i partecipanti bianco-vestiti con una vistosa medaglia al collo, ed un'orchestrina che suonava motivi nazional-popolari. Nel flusso di turisti raccoglievano soldi da portare il Lunedì in albis alla Basilica della Madonna dell’Arco in un pellegrinaggio a piedi anche per l’adempimento di un voto. 
Questo incontro inaspettato nel giorno della Candelora nel centro storico di Napoli, mi ha fatto pensare da quale "mondo di sotto" provenissero queste compagnie di fujenti, presumibilmente i Quartieri spagnoli. Il che invita a superare una certa concezione folklorica (per i turisti?) di questi quartieri, per cogliere le difficoltà della vita da parte delle famiglie che vi risiedono, in un certo isolamento. E vengono alla luce anche in questo ricorso ad un “mondo Altro” per protezione ed aiuto.

Lo stesso giorno si celebrava nella Chiesa del Gesù Nuovo la festività di San Ciro, medico e martire, molto venerato da un popolo di fedeli accorso, con la celebrazione della Messa presieduta dal vescovo emerito di Nola, Mons. Dipalma, a cui ha fatto seguito una breve processione all’altare del santo, e la benedizione con una reliquia del santo venerato. Devo dire la verità, questo sobrio culto liturgico del santo con le reliquie in evidenza, non mi appartiene per le mie esperienze di vita anche pastorale a Scampia. Mormoravo tra me e me: “MENO RELIQUIE, E PIU’ PAROLA DI DIO”. Ma dopo questi incontri devo riconoscere che forse c’è una consonanza tra questi culti liturgici di santi e manifestazioni di religiosità - si fa per dire - di cui si sono appropriati i ceti popolari nei loro percorsi accidentati di vita, nella ricerca di protezione ed aiuto nell’ambito comunque del culto cristiano.

A mio avviso, al di là di incarnazioni umane delle esperienze religiose, si tratta di riscoprire il senso del “Mistero”, dell’Oltre che ci avvolge, che secondo una fenomenologia scientifica quando si verifica una manifestazione del divino stupisce e apre alla fede.

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