Piangiamo Ugo Russo

di Domenico Pizzuti sj


Le cronache napoletane riportano che ieri il feretro del quindicenne Ugo Russo - ferito a morte dalla reazione di un carabiniere non in servizio minacciato con una pistola giocattolo - era tornato “a casa” in una breve processione con segni di riconoscimento e se si vuole di onore (la gigantografia del giovane, canti neomelodici, lenzuolo dispiegato sui muri con sue foto, annunzi della sua morte per tutte le strade, ecc.), lacrime ed applausi lungo il corteo, per dare inizio ad una veglia prima del funerale. 

Tutti certo piangiamo questo giovane prematuramente scomparso per un’improvvida rapina, che fa male al cuore per una vita bruciata, e capiamo questo ritorno a casa quasi “trionfale” da parte della famiglia, parenti, amici, perché è carne delle loro carne, da riconoscere, rispettare, ricordare. Non si tratta solo di solidarietà familistica per un figlio perduto, ma di una parte dei quartieri spagnoli che si stringe intorno alla famiglia colpita dal dolore di una perdita di una giovane vita. E’ tutto un quartiere che è colpito in una giovane vita spezzata, se si vuole una “comunità di vita”, conoscenze e relazioni, e che vive questo lutto con modalità subculturali da rispettare. 

Evidenzia come abbiamo notato in un altro scritto su questo giornale un “mondo di sotto” a poca distanza dalla centrale via Toledo, un mondo di famiglie che vivono tra precarietà di reddito e sollecitazioni consumistiche e mediatiche a cui adeguarsi, pur con esperienze di sviluppo per rispondere ai flussi turistici poco lontani.

Pur nella comprensione del dolore di queste famiglie, parenti e vicini, rimane la questione “quale elaborazione del lutto” da parte della famiglia e delle famiglie del quartiere, di cui abbiamo riportato alcuni manifestazioni e segni esteriori, che va rispettata ma anche aiutata possibilmente da servizi sociali, e soprattutto da associazioni che da anni operano nei “quartieri spagnoli”, perché giovani vite non cadano di nuovo nella trappola della devianza, magari per disporre dei soldi per andare in discoteca come altri della stessa età.

A freddo, e senza voler dare insegnamenti, ci sentiamo di rilevare che per quello che ne sappiamo, questo giovane è caduto in ogni caso per cattivi modelli non solo familiari, ma consumistici e mediatici che sollecitano i giovani. E’ più importante quello che mi diceva un confratello che per decenni ha operato nel recupero di giovani nell'area metropolitana e vesuviana: questi episodi mettono in rilievo la necessità di occuparsi dell’età adolescenziale - purtroppo abbandonata per scarsità di risorse pubbliche - con competenza, risorse e passione.

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