Devozione e sacramenti davanti a uno schermo
di Domenico Pizzuti sj
Giovedì scorso durante l’ora di cena TV2000 ha trasmesso la recita del Rosario
presieduta dal Card. Angelo Comastri, Arciprete della Basilica di di San Pietro In Vaticano,
per chiedere la liberazione dall’epidemia di Coronavirus. Un appuntamento cui i cristiani
chiusi in casa erano invitati a partecipare. Il Rosario non è solo una preghiera diffusa a
livello popolare, ma è insieme preghiera vocale e mentale per la meditazione dei misteri del
Signore. Tuttavia, a nostro avviso, la visualizzazione sul piano comunicativo non è stata una
“bella” performance, perché la recita del Rosario è avvenuta davanti ad una statua
convenzionale della Vergine Maria, stile Madonna di Fatima, di quelle che si venerano
in molte chiese.
Abbiamo l’impressione che ci si sia voluti adeguare ad uno standard popolare
per un riconoscimento da parte dei fedeli, e non si è cercata un'elevazione sul piano
rappresentativo, mentre papa Francesco venera quadri e statue di Maria di particolare
valore artistico o di significato storico.
E’ nota la trasfigurazione artistica della Vergine da parte di pittori e scultori, in basiliche,
chiese e musei - Roma ha ospitato la mostra delle opere di Raffaello con quadri e tondi
della Vergine Maria -, e ai fedeli anche nella preghiera andrebbe riservato il meglio delle raffigurazioni mariane, per un’autentica elevazione. Nella devozione
- da un'emittente importante come TV2000 - va proposta un'immagine meno
convenzionale di Maria, per rispetto alla Madre di Dio ed ai fruitori televisivi abituati dalla TV
italiana a performance di alto profilo qualitativo.
Nel nostro zapping su web e Facebook abbiamo incontrato un sacerdote che davanti ad uno
schermo affermava di “confessare” - riteniamo con annessa assoluzione - i fedeli online. Questa pretesa è per lo meno bizzarra se non fuori luogo, vista l'assenza di incontro fisico. In questa situazione di pandemia è molto
importante l’ascolto delle persone, delle loro paure, ansie, preoccupazioni, per una
vicinanza, sostegno, consolazione, ma la confessione sacramentale è altra cosa, da non
offrire a buon mercato tramite media.
Già la clausura imposta per evitare i contagi è una
“penitenza” che segna le persone, a cui bisogna dar senso e sostegno per solidarietà
collettiva. In questa emergenza di pandemia, che coinvolge tutti, come abbiamo notato in un post precedente i sacerdoti in larga parte hanno riproposto tramite vari media i riti e le funzioni tradizionali riconoscibili dai fedeli. Non si sono abituati al “digiuno
eucaristico” in riferimento alla celebrazione pubblica dell’Eucarestia, ma anche di altri
sacramenti come quello dell’amministrazione del perdono. Forse, se si riflettesse anche
dolorosamente sulla utilità/inutilità delle proprie funzioni, ci si libererebbe dall’ansia di
riproporsi tramite i media.
E possiamo anche recitare in buona pace "AVE MARIA".
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