Palme


di Domenico Pizzuti sj


Nella domenica delle Palme ho assistito in TV alle celebrazioni nella basilica di San Pietro, con la benedizione delle palme, la proclamazione della Passione secondo Matteo, la celebrazione dell’Eucarestia da parte del Papa, alla presenza di circa 15 persone e di un piccolo coro. 
La cosa buffa, a mio parere, è stata la proclamazione del Vangelo da parte di tre sacerdoti in cotta e stola rossa: due di loro avevano la testa pelata, e con rispetto parlando sembravano tre “bonzi”. 

Da anni in parrocchie e chiese, come a Scampia nella Rettoria S.Maria dell Speranza, la Passione è letta insieme al sacerdote da fedeli della comunità preparati. Nella Basilica di San Pietro vigono altre regole secondo i maestri di liturgia.
Oggettivando le mie sensazioni davanti allo schermo su questa performance religiosa presso la Cattedra di San Pietro, con qualche emozione interiore, è opportuno distinguere il piano della narrazione-celebrazione da quello della “rappresentazione”. Del primo piano ho già accennato, mi concentro invece su quello della “rappresentazione” più ricco e coinvolgente.

In primo luogo la location, la magnifica Basilica di San Pietro deserta, sembrava un’“arca” vuota di umani, riempita di verdi piante e rami di ulivo lungo la sua lunghezza secondo la festività delle palme e della Passione del Signore. Un’“Arca” carica di preziosi ornamenti, senza popolo, navigante fuori dal mondo per celebrare i suoi algidi riti.

In secondo luogo, ritengo per volere di Francesco, su un semplice altare dietro quello artistico della Confessione, campeggiava il “miracoloso” crocifisso di San Marcellino e a destra la raffigurazione di Maria “Salus populi romani”, invocati in questa critica e globale pandemia da coronavirus per essere liberati da questo male.

In terzo luogo, la Tv a più riprese ha inquadrato questo crudo e realistico crocifisso, con la lancinante corona di spine sul capo, la ferita del fianco squarciato dalla lancia, il volto reclinato del Cristo nell’abbandono alla volontà del Padre. Un Cristo spogliato delle sue vesti, con il petto scoperto, che contrastava con l'altare della Confessione e le sue artistiche nere colonne sorreggenti il baldacchino. A questa vista si possono comprendere la ricerca di povertà ed umiltà da servi di Dio come Ignazio di Loyola, che si esprime nelle meditazioni sulla Passione del Signore negli Esercizi Spirituali.

Come attualizzazione riporto un’affermazione del Padre Generale Arturo Sosa SJ.
"È nei crocifissi del virus che abbiamo la possibilità di riscoprire il volto di Gesù, prendere coscienza delle profonde ingiustizie in cui vive la maggior parte della popolazione mondiale a cui non è permesso l’accesso alle cure”. Un tempo in cui “aver cura degli altri e di noi”. Ma come accompagnare?".

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