Il sacro e le sue mercanzie


di Domenico Pizzuti sj


Da lunedì scorso “tornano le Messe con i fedeli”, titola un servizio sul sito di Avvenire, presentando le modalità di partecipazione - si fa per dire - con tutte le misure di sicurezza del protocollo concordato tra la CEI e il Governo italiano. 

La cosa può far storcere il naso, perché la Chiesa non è una factory o un ufficio pubblico, ma a nostro avviso viene da lontano, cioè da quando all’inizio della pandemia la CEI ha “sposato” le misure di sicurezza per contenere il contagio, ed invitato i cristiani ad osservare le norme emanate dal Governo nella Fase 1. 

Per la ripresa della Fase 2 era in ballo anche la celebrazione delle “Messe” con la partecipazione dei fedeli, che richiedeva specie da parte della task force scientifica determinate misure di sicurezza a presidio della vita dei partecipanti. Sinteticamente, per garantirsi al più presto una pubblica celebrazione delle “Messe”, in continuità con la preoccupazione per la salute pubblica è stato concordato un protocollo di sicurezza tra CEI e Governo italiano da applicare nelle varie diocesi del paese. 

Una sorta di “accordo tra governi”, tra due istituzioni, quella ecclesiastica e quella civile, con una trattativa che - come in ogni sorta di scambi tra soggetti o poteri - aveva al suo centro in questo caso una funzione sacra e non un qualsiasi ufficio pubblico. In questo modo la CEI si garantiva una sollecita celebrazione delle “Messe” con la partecipazione dei fedeli, il Governo italiano il rispetto di misure di sicurezza trattandosi di una pubblica funzione, anche se religiosa. E più in generale la CEI una presenza pubblica nella società italiana ed il Governo italiano il superamento di un potenziale conflitto.

Un primo elemento di riflessione riguarda chiaramente l’invasione (dissacrante) della scienza e tecnica nella celebrazione delle “Messe”, in una situazione di pandemia in cui nessuno è escluso dal contagio del covid-19, che manifestamente comporta una rimodulazione della celebrazione e della partecipazione dei fedeli, perché il “sacro” si può dire è stato preso in mano dall’Istituzione delle chiese italiane come oggetto di scambio con il potere politico del paese. 

Occorre verificare le prossime reazione dei fedeli che riterranno di partecipare a queste “Messe” in sicurezza, dopo aver gustato le celebrazioni della Parola e dello spezzare il pane nella “Chiese domestiche”, cioè in famiglia e con vicini. Sociologicamente si può affermare che questa operazione ha avuto un effetto latente, cioè la rivitalizzazione della “religione di chiesa” con i suoi riti, funzioni, ruoli, gerarchie, e soprattutto con i presbiteri maschi che temevano di perdere un ruolo.

In secondo luogo, occorre ridare voce ai cristiani ed alle loro aggregazioni per non essere muti spettatori di trattative in cui non hanno avuto parte, anche perché le preoccupazioni dei fedeli erano altre, come il futuro incerto delle famiglie. E quindi verificare la congruità di questa rimodulazione della celebrazione delle Messe, e riprendere in mano con intelligenza e creatività la vita delle diverse comunità cristiane in una situazione di pandemia che ci auguriamo in diminuzione nelle diverse parti del paese.

In terzo luogo, se non si vuol ridurre il sacro a merce di scambio politico, occorre ridare smalto al significato religioso delle “Messe”, cioè alla celebrazione dell’Eucarestia specie domenicale con canti ed inni, “mistero della fede” come recitiamo in ogni celebrazione eucaristica. E’ una sfida che non si può tralasciare dal “buon popolo cattolico” spesso muto ed accomodante, che come è stato detto per il tentativo di papa Francesco di convertire “i cattolici al cristianesimo”.

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