Il Comune di Napoli metta in atto l'inclusione sociale dei Rom

di Domenico Pizzuti sj


I recenti casi di Covid19 individuati nel campo Rom comunale situato nella Circonvallazione esterna di Secondigliano - esistente da un ventennio in stato di abbandono da parte dell’Ente locale e dalle associazioni, di precarietà abitativa e di fragili condizioni sanitarie - richiamano l’attenzione su una situazione persistente di isolamento e mancata integrazione sociale degli abitanti dei campi Rom sia di quelli ufficiali sia quelli spontanei. La Commissione Migrantes della conferenza episcopale Campana, in merito alle tensioni scoppiate tra le famiglie bulgare occupanti i palazzi ex-Cirio, e gruppi di popolazione di Mondragone, giustamente auspica che questo “particolare momento di tensione sia lo sprono e lo spunto per iniziare quel percorso, necessario e non più rinviabile, di integrazione, unica strada che porta alla pacifica convivenza e partecipazione responsabile, senza distinzioni di etnia, provenienza, cultura, nell’interesse comune di vivere in maniera sana il proprio territorio”.

Questa indicazione - supportata da numerose indicazioni e richieste dell'UE - nel senso di sviluppare percorsi di integrazione unica strada per un reciproco riconoscimento dei diritti delle comunità Rom, a nostro avviso riguarda anche i rapporti dei cittadini e delle associazioni pro Rom nei riguardi delle comunità Rom che da decenni abitano il territorio napoletano. Superata la fase della solidarietà, anche nei confronti delle famiglie Rom senza reddito, delle prime fasi del coronavirus da parte di reti di associazioni con la fornitura di beni essenziali per la sopravvivenza, e verificata l’efficacia di una necessaria azione di advocacy nei confronti delle istituzioni locali a difesa dei fondamentali diritti umani, di fronte ad una situazione di stallo che ha cristallizzato la condizione delle famiglie Rom dei c.d. campi nomadi per mancanza di progettualità di integrazione da parte dell’Ente locale, occorre riprendere la strada dell’integrazione o meglio di inclusione sociale delle popolazioni Rom, che non hanno altre alternative specialmente abitative, se non recarsi in altre vicine nazioni europee ritenute più accoglienti o ritornare nei paesi di origine, (vedi nostra nota I Rom di Scampia, in "La Critica sociologica", LIII, 2009, 2019, pp.66-74).

A questo scopo ha ancora validità, anche se inattuata, la Strategia nazionale d’Inclusione sociale di Rom, Sinti e Camminanti 2012-2020, con i suoi quattro assi di azione proposti riguardanti, l’istruzione, il lavoro, la sanità, l’abitazione che possono essere di guida per le politiche di inclusione sociale da parte di gruppi ed associazioni operanti pro Rom, superando un approccio prevalentemente assistenzialistico ed un lodevole impegno per una scolarizzazione diffusa, per un’integrazione sociale almeno attraverso la frequenza scolastica.

Occorre quindi, a nostro avviso, da parte delle reti di solidarietà, focalizzare adesso un approccio volto a favorire l’inclusione sociale dei Rom abitanti il nostro territorio, superando la sistemazione in campi dei Rom ormai da decenni, stimolando l’intervento del Comune napoletano con gli assessorati competenti. Si chiede pertanto che fine abbia fatto un progetto sostenuto dalla UE di conoscenza delle realtà locali riguardanti le Comunità Rom, che prima del confinamento aveva coinvolto a Palazzo S. Giacomo tutti gli interessati, che alla presente data non è stato ripreso con i tavoli di lavoro previsti.

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