Il parroco in discussione

di Domenico Pizzuti sj


I media hanno dato risalto nei giorni scorsi alla possibilità per i laici di amministrare i sacramenti del battesimo, del matrimonio, ed i funerali secondo la recente Istruzione della Congregazione per il clero “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” (20.07.20) . In un più ampia prospettiva riguardante la cura pastorale delle parrocchie, si tratta di un caso di affidamento della cura pastorale a laici per la mancanza di sacerdoti. Non intendiamo in questa sede analizzare l’intero documento che rimane per sua natura quella di un’Istruzione, come “una preziosa occasione per la conversione pastorale in senso missionario. Sono infatti inviti alle comunità parrocchiali a uscire da se stesse, offrendo strumenti per una riforma, anche strutturale, orientata a uno stile di comunione e di collaborazione, di incontro e di vicinanza, di misericordia e di sollecitudine per l’annuncio del Vangelo” (n.2). 

In questo contesto, ci soffermiamo sulla figura del “Parroco” centrale in tutti i casi della cura pastorale della parrocchia e di alcune sue caratteristiche - di fronte ad una certa erosione dell’autorità del parroco per gestioni più collegiali - che non sono state prese in considerazione dai mezzi di informazione, a nostro avviso come figura non solo religiosa ma sociale perché non può persistere senza un certo consenso (anche passivo) di una popolazione anche nel secolo XXI. 

In primo luogo il documento si premura di precisare (n.66) che un fedele perché sia nominato parroco occorre la consacrazione sacerdotale, pur trattandosi per definizione di un ufficio e non appare a nostro avviso questa stretta connessione tra consacrazione e ufficio di cura pastorale in una parrocchia. Inoltre “In modo particolare – a parte quanto previsto dal can. 517, §§ 1-2 – l’ufficio di parroco non può essere affidato a un gruppo di persone, composto da chierici e laici. Di conseguenza, sono da evitare denominazioni come, “ team guida ”, “ équipe guida ”, o altre simili, che sembrino esprimere un governo collegiale della parrocchia” Rimane in ogni caso il problema della “sinodalità” nella cura parrocchiale. Anche nel caso della cura pastorale affidata a laici, il parroco di riferimento rimane il “moderatore” della parrocchia. 

Questa preoccupazione di chiarire e normare per quello che compete o meno ad un’Istruzione la figura sacerdotale del parroco, ed in tutti i casi di “salvare” o riaffermare la figura del sacerdote all’interno della struttura gerarchica della Chiesa, come se fosse in pericolo o in crisi, trova riscontro nell'identità del sacerdote tematizzata in alcuni paragrafi della “Querida Amazzonia” che non sono stati evidenziati nella pubblica discussione perché in un certo senso compaiono inopinatamente nell’andamento poetico di questo documento, e riteniamo per rispetto alla figura di Francesco e delle tensioni ecclesiastiche che pesano su di Lui. Quasi per mettere a posto la faccia nei confronti dell'élite ecclesiastica da parte di Francesco. Per chiarezza nella discussione riteniamo opportuno riportare i paragrafi della “Querida Amazonia” che riguardano l’identità sacerdotale, per qualche ulteriore osservazione (nn. 87-88). 

“87 Perciò è importante determinare ciò che è più specifico del sacerdote, ciò che non può essere delegato. La risposta consiste nel sacramento dell’Ordine sacro, che lo configura a Cristo sacerdote. E la prima conclusione è che tale carattere esclusivo ricevuto nell’Ordine abilita lui solo a presiedere l’Eucaristia. [125] Questa è la sua funzione specifica, principale e non delegabile. 88. Questa è la sua grande potestà, che può essere ricevuta soltanto nel sacramento dell’Ordine sacerdotale. Per questo lui solo può dire: «Questo è il mio corpo». Ci sono altre parole che solo lui può pronunciare: «Io ti assolvo dai tuoi peccati». Perché il perdono sacramentale è al servizio di una degna celebrazione eucaristica. In questi due Sacramenti c’è il cuore della sua identità esclusiva. [129] ” 

In questi documenti ci colpisce la premura di chiarire e ribadire l’Identità sacerdotale quasi fosse in crisi, solo per scopi interni all’Istituzione ecclesiastica per rilegittimarla nei confronti dell’ordinamento gerarchico della Chiesa o anche esterni in riferimento alla missione evangelizzatrice della Chiesa. La connessione tra consacrazione sacerdotale e ufficio parrocchiale rimane problematica, anche in riferimento alla consacrazione sacerdotale dei religiosi per la missione. Così pure l’esclusione della collegialità non può significare esclusione della sinodalità e della comunione tra le varie componenti della comunità parrocchiale. 

Rimane sullo scenario ecclesiastico questa figura maschile del prete con la sua “paternità non generativa” che occupa tutto lo spazio. Infine occorre domandarsi che cosa ne pensi il popolo dei fedeli che sembra estraneo a queste discussioni, soprattutto in un’epoca di covid-19 non ancora domato. Da questo punto di vista piace ricordare che nel secondo dopoguerra alcune aggregazioni di laici, vista l’impossibilità di avanzamento della donna nella Chiesa, hanno nelle loro costituzioni affidata la presidenza a donne della comunità, come per esempio i focolarini. Si risveglieranno in Italia dal sonno i laici cristiani?

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