Referendum e anti-politica

di Domenico Pizzuti sj

Nell'accesa discussione sul il SI’ ed il NO all’imminente referendum sul taglio al numero dei parlamentari con differenti argomenti, che toccano in particolare l’aspetto costituzionale di questa “riforma”, voluta specialmente dal Movimento 5 Stelle, non bisogna ignorare un aspetto poco approfondito nel dibattito anche se affiorante che riguarda la natura “populistica” del provvedimento (anticasta) sottoposto a giudizio dei cittadini elettori, al di là della fiducia o meno dei cittadini comuni nei confronti dei rappresentanti politici. Si tratta, come è noto da numerosi studi internazionali sui movimenti populistici, della teoria e pratica dell’antiestablishment che connota i movimenti populistici all’opposizione o al governo in diversi paesi non solo europei. 

Scrive in proposito la politoliga Nadia Urbinati che tale teoria e pratica "consiste nella spinta verso l’antipolitica; è l’esito della strategia che associa il potere alla non purezza o all’immoralità o alla corruzione" (Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia, il Mulino, Bologna 2020, p. 100). Qui si innesta la base della strategia populista, nel senso che il capo populista comincia con un attacco radicale contro l’establishment politico, ma una volta al potere e che i vecchi partiti sono stati messi ai margini, egli deve continuare l’attacco alle élite politiche per non essere percepito come un nuovo establishment. Bisogna avvertire che sarebbe riduttivo pensare che il dualismo tra élite corrotte e popolo incorrotto abbia carattere morale. 

Secondo Nadia Urbinati, l’affermazione della moralità del popolo non significa o richiede che i suoi membri siano dal punto di vista soggettivo onesti, essa implica invece che una relazione diretta tra il possesso del potere e la corruzione. Quindi il popolo è incorrotto non perchè dotato di una moralità superiore, ma solo in virtù della loro strutturale estraneità al potere politico. Si può quindi affermare che non sono la purezza e la moralità che caratterizzano l’antielitismo politico, ma la presunzione che se non si è colpevoli di aver governato, si è puliti. Un ulteriore elemento, che é stato sbandierato dalla primigenia propaganda del movimento 5 Stelle, è l’Onestà politica qualità propria di chi non detiene il potere. La gente comune può essere ingenua, poco informata, poco competente, ma non sono qualità pericolose come la disonestà. Secondo questo ragionamento,la caratteristica cruciale dell’ideologia dell’antiestablishment, è che il potere politico è una macchina di corruzione, da cui è immune chi non governa.

Questa strategia alligna anche tra noi, con un buona pace dei partiti al governo, che abbia le vesti di Grillo, Di Maio e compagni, che propongono anche con il referendum, una politica dell’antipolitica di cui essere consapevoli per non essere inghiottiti dal nostro populismo, anticasta ma al governo.

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