Il corteo funebre scalda Napoli

di Domenico Pizzuti sj



Il 2 novembre, dedicato alla memoria ed al culto dei defunti, da tanti commercianti e cittadini, penalizzati dalle recenti ed annunciate misure restrittive di attività commerciali e della mobilità, è stato inscenato dal lungomare alla sede della Regione un corteo funebre “per celebrare la morte del commercio”, con tanto di musica e bara coperta dal tricolore: a significare la morte del diritto al lavoro, alla scuola e alla salute, al grido “libertà”.

Scorrendo i video della manifestazione, oltre che dalla creatività dei manifestanti per esprimere il loro disagio per il venire meno di redditi vitali, sono stato colpito dalla varietà di messaggi su striscioni e manifesti: da “2 metri di dissenso, prima sostegno e poi lockdown”, “o ci ascoltate o rischiate le quattro giornate”, “la provincia non si arrende”, “le case di necessità non si toccano, no agli abbattimenti” da parte di tante persone che chiedevano di fermare gli abbattimenti delle case in un periodo di crisi. Non appariva chiara l’organizzazione che, se non andiamo errati, non spiccava in testa al corteo, comunque si può considerare una manifestazione spontanea organizzata, come tante altre in questi giorni di commercianti, imprenditori, mamme e cittadini che gridano le loro richieste in piazza e sotto Palazzo Santa Lucia.

La prima osservazione, abbandonando la sicumera ed il sarcasmo del Presidente della Regione Campania, offensivo talora di mamme e cittadini, riguarda l’ascolto effettivo di queste richieste dei manifestanti da parte di rappresentanti di queste categorie, per non predicare al vuoto non avendo sentore delle proteste e degli umori della popolazione attiva e delle loro famiglie. Sono stati ricevuti ieri dal Presidente della Regione Campania, altrimenti prima o poi si paga il pegno come espresso in uno striscione “O ascoltate o rischiate le 4 giornate”.

In secondo luogo, la debolezza delle risposte a manifestazioni e proteste da parte del governo regionale, che non siano misure restrittive, e della stessa arena politica cittadina sonnolenta ed attendista e di quella regionale risiede, a nostro avviso, nell’origine della elezione recente alla Presidenza del governo regionale da parte - come a suo tempo segnalato - di un accrocchio di liste, partiti, partitini, movimenti ed associazioni, che attendono anch’essi un ristoro, ma che con i loro rappresentanti eletti nel consiglio regionale sono chiamati a legiferare senza partigianerie e particolarismi sui problemi della sanità, del lavoro, della scuola richiamati dai manifestanti.

Al là di questo risveglio di movimenti da parte di commercianti, imprenditori, e cittadini, non più chiusi nelle loro botteghe, bar e ristoranti, di fronte alla misure per contenere la diffusione del contagio, a cui non può mancare il ristoro per le perdite finanziarie delle loro casse da parte del governo nazionale e regionale, emerge un problema di più lunga portata, cioè la fragilità della base economica specie cittadina che non si può reggere solo sul terziario o sulla rendita assistenziale se non immobiliare, ma innestando processi di crescita, sviluppando le risorse non solo paesaggistiche e culturali, ma di innovazione con lo studio e la ricerca.

Commenti

Più letti