Una chiesa contro la violenza sulle donne
di Domenico Pizzuti
Oggi 25 novembre si celebra la giornata internazionale sulla violenza alle donne, per richiamare l’attenzione sui maltrattamenti ed i femminicidi che si compiono spesso nelle mura domestiche, aggravati per la convivenza forzata da restrizioni. Tali violenze nel periodo del lockdown sono infatti aumentate dell’11%, 91 in complesso, 1 ogni 3 giorni, anche se esiste nella nostra legislazione un recente “codice rosso” a presidio delle donne, spesso attivato dopo che i fatti sono accaduti.
Questo richiamo alla violenza contro le donne ha trovato forme espressive nelle rosse calzature femminili e nelle panchine dipinte di rosso a memoria di qualche particolare femminicidio, come ricordiamo esistere anche a Scampia da parte di un gruppo di donne organizzate. Queste rosse calzature vengono esposte in luoghi pubblici, piazze e gradini di edifici anche pubblici. L’importante è una crescita di sensibilità verso l’intangibilità della vita delle donne, fidanzate, mogli, conviventi, di cui non si può disporre da parte di un marito o fidanzato "padrone" nelle relazioni familiari o di convivenza, quasi una bambola da buttar via.
In questa occasione potrebbe essere significativo della sensibilità da parte delle comunità cristiane nei confronti di ogni genere di violenza sulle donne, se per esempio in prossimità dell’entrata delle chiese si esponessero queste rosse calzature femminili o una panchina dipinta di rosso in relazione a particolari episodi locali di femminicidio, accompagnate da idonee riflessioni per dare significato a questi gesti.
In questo modo si realizza una “chiesa in uscita” dalle sacre mura dei templi e dai sacri palazzi, per una difesa della vita non solo non nata ma vivente nel corpo femminile da rispettare e preservare. Questo tenendo già presente i problemi della partecipazione delle donne insieme al sacerdote nelle comunità cristiane alla pastorale sacramentale, e più in generale alla vita della Chiesa, gli idonei organismi di partecipazione previsti dal Concilio ed obliati nel corso del tempo, ed un avvicinamento maggiore allo stesso altare con l’auspicabile diaconato e sacerdozio femminile con idonea preparazione, quando nella Chiesa è strabordante la presenza del maschio sacerdote.
Occorre altresì riflettere su alcuni perseveranti pregiudizi in ambiente ecclesiastico riguardanti le affermazioni sulle donne come “sesso debole”, quando come è noto sono più determinate, e quando spesso il maschio ecclesiastico in segreto non disdegna all’occorrenza relazioni sessuali o amorose, non sanzionate forse perché rispetto agli abusi di pedofilia sono considerate più “naturali”.
Vale forse l’affermazione diffusa anche in questi giorni.
“Senza donne non se ne parla”.
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