La storia del secolo. Una lettura che merita

di Domenico Pizzuti sj



Ho letto con gusto per alcune settimane il celebrato volume di un noto storico della contemporaneità Eric J. Hobsbawm, Il secolo breve 1914-1991, BUR Rizzoli, Milano, 2019 (Dodicesima Edizione), pp. 710, E. 15.00 che copre il periodo indicato.

In questo volume la struttura del secolo appare come quella di un trittico. Ad un’ Età della catastrofe che va dal 1914 sino ai postumi della seconda guerra mondiale, hanno fatto seguito una trentina d’anni - fino agli inizi degli anni ‘70 - di straordinaria crescita economica e trasformazione sociale  che secondo l’Autore "hanno modificato la società umana più profondamente  di qualunque altro periodo di analoga brevità" (p.18), e  possono essere considerati come una specie di “Età dell’oro”.

L’ultima parte del secolo è stata una nuova epoca di decomposizione, incertezza e crisi, - se si presta attenzione a larghe parti del mondo come l’Africa, l’ex URSS e le  ex nazioni socialiste  dell’Europa orientale -, un’altra Età della catastrofe “La frana” appunto come titola la terza parte del libro. Questa breve presentazione vuol essere un invito alla lettura per non essere vissuti dagli accadimenti nelle varie crisi personali e sociali della  nostra esistenza. "Il mio obiettivo, specifica l’A., è di comprendere e spiegare perchè le cose siano andate in un certo modo e come i fatti si colleghino tra loro" (Ib., p.15).

Il libro comincia con la prima guerra mondiale, che ha segnato il crollo della  civiltà occidentale dell’Ottocento, una civiltà capitalista nell’economia, liberale nella struttura istituzionale e giuridica, borghese nell’immagine caratteristica  della classe che deteneva l’egemonia sociale. "Era una civiltà che si gloriava dei progressi della scienza, del sapere e dell’istruzione e che credeva nel progresso morale e materiale, ma anche profondamente persuasa della  centralità dell’Europa, luogo d’origine delle rivoluzioni nelle scienze, nelle arti, nella politica e nell’industria" (Ib.cit.).

La sua economia si era diffusa in tutto il mondo. La popolazione europea era cresciuta sino a formare un terzo dell’umanità, ed i maggiori stati del continente costituivano il sistema della politica mondiale. I decenni che vanno dallo scoppio della prima guerra mondiale agli esiti rovinosi della seconda furono per questa società un’epoca catastrofica: due guerre mondiali a cui seguirono  due ondate di ribellione e di rivoluzione, che portarono al potere un sistema che proclamava di essere l’alternativa alla società borghese e capitalista, che si estese dopo la seconda guerra mondiale ad un terzo della popolazione del pianeta.

Mentre l’economia barcollava per una crisi economica mondiale senza precedenti, le istituzioni della democrazia liberale scomparvero fra il 1917 ed il 1942 in ogni paese, tranne che in una piccola parte dell’Europa, nel Nordamerica e nell’Australia, per l’avanzata del fascismo e dei regimi autoritari. "Solo la temporanea e insolita alleanza del capitalismo liberale e del comunismo, che si coalizzarono per autodifesa contro la sfida del fascismo, salvò la democrazia; infatti la vittoria sulla Germania hitleriana  fu ottenuta, e non poteva soltanto  essere ottenuta, che dall’Armata rossa. Sotto molti riguardi il periodo dell’alleanza tra capitalismo e comunismo, che si estende essenzialmente durante gli anni ‘30 e ‘40, costituisce il cardine della storia del nostro secolo" (Ib.p. 19). Successivamente il confronto tra le due superpotenze, attraverso l’equilibrio del terrore, dominò la seconda metà del Secolo breve dando stabilità alle strutture politiche internazionali.

In merito all’Età dell’oro, secondo il Nostro non c’è ancora una risposta persuasiva come e perché il capitalismo si sia trovato a spiccare il volo verso l’Età dell’oro che va dal 1947 al 1973, un’epoca senza precedenti. Invece si può valutare  con sicurezza la dimensione e l’impatto della trasformazione economica, sociale e culturale indotta da quell’epoca "la più rapida e fondamentale trasformazione che la storia ricordi.  (...) I mutamenti  nella vita umana che ha causato su quasi tutta la superficie del globo sono stati tanto profondi quanto irreversibili" (Ib. p. 21).

Paragonato a questo cambiamento, il confronto tra "capitalismo" e "comunismo" apparirà meno interessante dal punto di vista storico. Le rivoluzioni sociali, la Guerra fredda, la natura, i limiti del "socialismo reale", nonché il suo crollo sono largamente esaminati, nella seconda e terza parte del libro. A dire dell’A., al di là della crisi economica mondiale, è maggiormente manifesta la crisi sociale e morale, che riflette gli sconvolgimenti nella vita umana prodottisi dopo il 1950.

"E’ stata una crisi delle credenze e dei presupposti sui quali la società moderna si è fondata, (...) ossia una crisi dei presupposti umanistici  e razionalistici condivisi sia dal capitalismo liberale sia dal comunismo che resero possibile la loro breve ma decisiva alleanza contro il fascismo, il quale invece li respingeva. (...) D'altronde, la crisi morale non è stata solo una crisi dei presupposti della civiltà moderna, ma anche crisi delle strutture storiche delle relazioni umane, che la società moderna aveva ereditato dal passato preindustriale e precapitalistico e che le avevano permesso di funzionare. Non è stata la crisi di una forma di organizzazione sociale, ma di tutte le forme" (Ib. p. 23-24.).

Un libro veramente da leggere da nonni e nipoti per l’estensione, profondità, ricchezza di dati ed analisi riguardanti le varie aree del pianeta nel periodo considerato secondo la straordinaria competenza storica dell’A. Per il futuro "La sola generalizzazione del tutto certa riguardo alla storia è che, fin quando c’è la razza umana, la storia continuerà" (Ib., p.18).

Commenti

Più letti