Quattro richieste al nuovo Vescovo di Napoli

di Domenico Pizzuti sj



Dopo lunga attesa, sabato 12 dicembre il suono delle campane della diocesi ha annunziato che papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi napoletana il "bergogliano" don Mimmo Battaglia, vescovo della diocesi di Cerreto-Sannita in Campania. 

Riteniamo di non poco rilievo questa nomina di un vescovo chiamato ad indicare e guidare il cammino ai fedeli, in questo mare della religione ambientale o prevalente “religione di chiesa”, secondo una categoria sociologica, per avviare ad una “pratica della fede” cristiana” al di là quella locale, spesso segnata da cultualismo e devozionismo rassicurante, come si evince anche dal suo primo messaggio ai fedeli della diocesi. 

Si tratta di segnare un passaggio da un “cattolicesimo meridionale” ad un “cristianesimo meridionale”, degno di migliori tradizioni storiche di santi e fedeli colti, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II e del rinnovamento della vita cristiana secondo il magistero pastorale di papa Francesco. 

Questo cambiamento non è evento di ordinaria amministrazione nel contesto dell’emergenza sanitaria e sociale, con il futuro incerto per tante famiglie della città e dell’entroterra napoletano, le esigenze di ripresa economica e di ricostituzione delle relazioni sociali dopo il necessario lockdown. Ritengo che il nuovo vescovo sia chiamato ad essere “nocchiero” per indicare e guidare il cammino delle popolazioni di questa estesa conurbazione napoletana e diocesana, vista l'esigenza evidente di “discontinuità” da parte della stessa amministrazione religiosa. 

In questa luce, propongo tre o quattro richieste.
 
Primo, riportare al centro della vita della chiesa il laicato cristiano adulto secondo la categoria di “popolo di Dio” elaborata dal Concilio Vaticano II, oscurata dalla visibilità straripante da parte degli stessi media del prete maschio celebrante in solitudine (in video o in chiesa), e da un corto circuito tra chiesa e sacerdote nella stessa mentalità di fedeli poco acculturati. Per definizione la “chiesa” é un’assemblea o agora dei credenti per la celebrazione dei misteri della fede, al cui servizio è il sacerdote in una visione circolare dei partecipanti nella stessa celebrazione della Cena del Signore.

Secondo, in questa visione comunitaria e circolare della comunità cristiana, ha spiegazione e senso la promozione della donna, sia in responsabilità funzionali dell’istituzione chiesa sia nelle pratiche dello stesso culto cristiano - cioè di donne all’altare rivestite di diaconato e/o sacerdozio -, che non è un optional anche se una meta ancora da implementare. E’ una battaglia di civiltà non disgiunta da quella nella società.

Terzo, occorre una formazione permanente del clero diocesano per avere gli strumenti per affrontare le sfide del mondo post-moderno come “una chiesa in uscita”, come richiesto da papa Francesco. E lasciare il posto che conviene a laici e donne secondo la loro vocazione nel mondo e nella chiesa.

Infine, caro Vescovo, lasci i palazzi nobiliari dell’Arcidiocesi a piazza DonnaRegina, se non per esigenze di ufficio, e cerchi una residenza confacente alle sue esigenze, si faccia chiamare “Padre”, come spesso a Napoli sono chiamati i sacerdoti.

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