Il prete innamorato e lo status sacerdotale

di Domenico Pizzuti sj

Ha fatto notizia la dichiarazione di don Riccardo, ex parroco di San Felice di Massa Martana, in Umbria, nel corso della messa domenicale di domenica 11 aprile, e poi sul Corriere della sera, che si è innammorato di una infermiera e catechista: “Per Laura lascio la tonaca e smetto di fare il prete ma non di esserlo” in attesa della dispensa dall’obbligo ecclesiastico del celibato. 

Senza entrare nel merito delle reazioni a questa scelta personale che è anche diventata pubblica (a qualcuno non è piaciuta la spettacolarizzazione di questa decisione) vorrei sottolineare qualche aspetto che non è stato preso in considerazione forse per le preoccupazioni per la campagna di vaccinazione contro il Covid-19 e l’incerto futuro lavorativo di individui e famiglie.

In primo luogo si può convenire che l'innammoramento è una forte esperienza umana di uomini e donne e nel contempo direi gioiosa che non è solo una questione di cuore e sentimenti ma anche di una decisione di dare corso a questa esperienza in relazione al proprio status di celibe o di sposato e di condurre nel tempo una vita insieme. 

Al centro, a nostro avviso, al di là delle questioni relative alla fedeltà o meno ad una promessa da parte in questo caso di un prete, c'é la realtà dell'Amore (maiuscolo) che nasce e si sviluppa da vivere in pienezza con un donna, un amore generativo, che si può considerare anche biblicamente una via al divino nell'abbraccio dei due nell'incontro coniugale. Amore e non solo “Ammore” nel linguaggio napoletano come recitava una canzone: “Sesso senza amore”.

In secondo luogo, al di là del caso soggettivo è in questione un aspetto riguardante lo status sacerdotale che secondo una legge della Chiesa, affermatasi nel tempo, richiede il celibato ai suoi ministri espressa con una promessa assunta nella consacrazione sacerdotale, che comporta una “paternità non generativa” da parte del sacerdote. E’ elemento costitutivo della Chiesa come istituzione che si è consolidato nel tempo, e diviene una sorta di emblema (brand) di una casta o gerarchia religiosa che è difficile da scalfire perchè difesa dalle gerarchie ecclesiastiche, ma come norma storica è mutabile da parte della stessa Chiesa. 

Fondatamente il nostro prete innamorato afferma che lascia di fare il prete ma non di esserlo come il gran sacerdote Melchisedech nel Primo Testamento. Ciò significa che, al di là delle norme ecclesiastiche, si può esercitare il sacerdozio anche da sposati come in alcuni casi riconosciuti dalla chiesa di membri della Confessione anglicana approdati al Cattolicesimo ed in altre confessioni evangeliche con l’ordinazione di uomini e donne sposati, senza “sfracelli” per dirla alla romana. In alcune chiese e comunità cattoliche di paesi avanzati è espressa recentemente la richiesta di un sacerdozio cattolico anche uxorato, cioè sposato, per dare anche spazio ad un Amore sponsale nel ministero.

In terzo luogo, lungo questa fila di ragionamenti, l’apertura al matrimonio libero dei sacerdoti non riguarda solo la figura sacerdotale e le sue prerogative, ma può essere anche un’ apertura per l’accesso delle donne ai ministeri ordinati, diaconato e sacerdozio femminile, perché rompe dei tabù riguardanti le donne, grembo della vita, escluse dal sacro e da funzioni sacrali di servizio alla comunità per ordinamento ecclesiastico cattolico.

Che ne dite fratelli e sorelle tutti? Di che cosa si ha paura? 
Vive l'Amour.

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