Gender, propaganda surrettizia

di Domenico Pizzuti sj

Per sbugiardare gli argomenti della propaganda di Salvini avverso l’approvazione in Senato del Ddl Zan, bisogna partire dal linguaggio utilizzato impropriamente a man bassa attribuendo surrettiziamente al “gender” il marchio di “ideologia”, quando propriamente nel linguaggio specifico si tratta piuttosto di “Teoria del gender” comunque la si voglia condividere o meno. Abbiamo consultato alcune definizioni del “gender” dell’Enciclopedia Treccani e di quella di Wikipedia.

Secondo la Treccani: gender ‹ǧèndë› s. ingl. (propr. «genere»; pl. genders ‹ǧèndë∫›), usato in ital. al masch. – La distinzione di genere, in termini di appartenenza all’uno o all’altro sesso, non in quanto basata sulle differenze di natura biologica o fisica ma su componenti di natura sociale, culturale, comportamentale: gli studi sul g.; anche in funzione appositiva.

Teoria del gender, secondo Wikipedia, è un neologismo (prestito linguistico dall'inglese gender theory) coniato in ambienti conservatori cattolici negli anni 90 del XX secolo per riferirsi in modo critico agli studi scientifici di genere: chi fa uso di tale espressione sostiene che gli studi di genere sottendano un complotto predefinito mirante alla distruzione della famiglia e di un supposto ordine naturale su cui fondare la società. In sostanza, l'espressione "teoria del gender" è un termine ombrello usato come parola d'ordine di opposizione ai movimenti femministi e LGBT, di opposizione alle lotte, rivendicazioni e teorie che tali movimenti hanno elaborato e prodotto.

A questa "teoria gender" o "agenda gender" (presentata a seconda delle occasioni come filosofia progressista, teoria sociologica o ideologia di sinistra) viene imputato di propagandare l'inesistenza di differenza tra i sessi biologici, da ciò discendendo la possibilità di variare il proprio sesso a piacimento. Tale costruzione mescola elementi propri della sociologia costruzionista (il genere e i ruoli sociali come costrutti della società), degli studi di genere, della teoria queer (il superamento del binarismo di genere), del femminismo (l'uguaglianza tra uomo e donna), e degli studi sul transessualismo (la differenza tra identità di genere e sesso biologico), finendo per disegnare un sistema di pensiero unitario che, invero, non appartiene né è propugnato da alcuno degli ambiti culturali e di ricerca citati.

Altresì il termine teoria del gender è largamente usato come espediente retorico al fine di prendere posizione contro i diritti LGBT e il femminismo, inferendo che i movimenti che propugnano tale teoria, benché eterogenei, nascondano una strategia politica unitaria.

E’ chiaro che l’argomento della “ ideologia del gender”, propugnata con faccia tosta dal lombardo Salvini, appartiene agli argomenti retorici di propaganda politica per mutare o affossare una legge definita dai promotori di civiltà, come in altre nazioni europee, da approvare in Senato dopo l’approvazione in Parlamento. 

Questa propaganda politica evidenzia non solo l’ostilità per definizione dei movimenti populisti ai diversi (dai Rom, agli immigrati, agli omosessuali, disabili, ai LGTB) ed alle minoranze di diverso origine, che quindi non si smentisce anche nel caso della legge contro l’odio e discriminazioni riguardanti le diversità sessuali. In tal modo la propaganda salviniana cavalca ostilità, paure, discriminazioni in campo sessuale di strati di popolazioni che condividono il verbo salviniano, e forse si sentono protette da comportamenti in campo sessuale, non guardando oltre le mura aziendali. 

Ci dispiace che queste popolazioni appartengano specialmente al produttivo Lombardo-veneto e Piemonte leghiste, e sembra manifestare un “regresso culturale” di tali popolazioni ma anche di gruppi di appartenenza cattolica. Forse con sapienza e lungimiranza occorre ancora in Italia propugnare diritti di civiltà attinenti non solo l’ambito delle discriminazioni sessuali.

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