Valorizzare la presenza delle donne nelle chiese

di Domenico Pizzuti sj

Domenica 20 febbraio c.a. ho assistito su TV1 alla celebrazione della Messa nella chiesa della Parrocchia di Fara San Martino, arricchita di preziosi mosaici di scuola bizantina, presieduta da mons Bruno Forte arcivescovo di Chieti-Vasto, accompagnata da un valido coro parrocchiale di donne in black. La mia attenzione si è concentrata non solo sulla lineare celebrazione e predicazione di Don Bruno Forte di origini napoletane ma su questo coro di donne alla sinistra dell’altare che con le loro voci dava smalto alla celebrazione della Messa domenicale in un Comune della provincia di Chieti. E attratto dalla loro bravura, ma anche da splendidi occhi di queste coriste esibiti a tratti dall’occhio televisivo, mi sono domandato perchè non valorizzare pienamente con l’accesso all’altare nei ministeri sacri questa presenza delle donne non solo perché nella narrazione della creazione dell’Antico Testamento “maschio e femmina li creò” e sono la metà del cielo che richiede adeguato riconoscimento e valorizzazione nella vita sociale e religiosa.

Superando pretese e contese su questa materia, che non siano solo di potere, e stimolato da questa immagine di una celebrazione, vorrei proporre uno sguardo inedito (non dottrinale) da uomo e presbitero anziano alla questione per evidenziare secondo l’esperienza comune alcune esperienze e qualità delle donne che le renderebbero atte con idoneo discernimento e preparazione alla partecipazione ai ministeri sacri in maniera non clericale. Al di là delle diverse posizioni in campo, è fondamentale un approccio alla questione animato da accoglienza e riconoscimento delle donne e della loro energia vitale, senza timore di perdere potere ma di acquistare un tesoro da valorizzare in famiglia, nella società, nella Chiesa. 

Senza pretese di idonee analisi antropologiche pure da frequentare, secondo l’esperienza comune e senza pretese di esaustività provo ad enucleare alcune di queste esperienze vissute e riconosciute delle donne nella vita familiare e sociale. E’ chiaro che il primo titolo che si presenta non solo al bambino è MADRE generatrice di nuove vite da accudire e far crescere, con Maria che nell’Ave Maria viene ritenuta benedetta per “il frutto del tuo seno” e benedette dalla generazione sono anche le innumerevoli madri di questo pianeta. In secondo luogo si può considerare la donna come MATER FAMILIAE che gestisce la vita familiare in risposta ai bisogni della compagine familiare, (non esclusivamente da sola ma con il marito o compagno che sia), di nutrimento ed educazione dei figli e così via. In questa tematica dell’accesso all’altare delle donne è sintomatica la preparazione della tavola e del pranzo o cena da parte della madre di famiglia che richiama la santa cena che viene celebrata ad una tavola o altare che sia come memoriale del corpo e sangue donato dal Salvatore con gli apostoli assisi a mensa e Maria. C’è la cura, come nella mia esperienza familiare e di tante famiglie, da parte delle madri di conservare l’UNIONE tra i componenti della famiglia, e all’occasione anche di una comunità di fedeli.

In terzo luogo, mi colpisce ed interessa il titolo diffuso di MAESTRA e/o INSEGNANTE nei vari tipi di istituti scolastici, per la comunicazione e diffusione non solo di insegnamenti, ma di principi e valori vitali per una comunità locale e nazionale. Così nelle scuole di catechismo o di preparazione ai sacramenti, e non si capisce perché come battezzata e preparata non anche nella spiegazione del Vangelo come avviene già in celebrazioni in alcune comunità o movimenti ecclesiali. Quarto last but not least, senza romanticismi o eccesso di familismo, bisogna annoverare la riserva di DONAZIONE ED AMORE che si esplica non solo nella vita matrimoniale e familiare, che diventa spirito di servizio e di accoglienza che può connotare anche il servizio eccelesiale attuale e futuro nei sacri ministeri. Senza dimenticare le doti di determinazione e sapienza pratica. O mi sbaglio? In conclusione, bisogna riconoscere ed accogliere questa energia vitale ed amorosa delle donne, ma non solo, anche nella vita delle chiese, per valorizzare questa metà del cielo che ci è data per vivere insieme e celebrare i misteri della vita.

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