Un popolo di donne in fuga

di Domenico Pizzuti sj


La stilista Maria Grazia Chiuri, alla sfilata della Fashion Week autunno-inverno 2022-2023 a Parigi, invita le donne ad aprire gli occhi e a guidare il mondo: "Non è un caso che in questo momento gli uomini decidano quante persone devono morire e come, mentre le donne si stanno preoccupando di mettere in salvo i bambini" (La Repubblica, 2 marzo 2022). Condivido questo chiaro messaggio di fronte alle immagini della fuga precipitosa dalle città dell’Ucraina di numerose madri con i loro figli e familiari per metterli in salvo dall’invasione del loro paese da parte delle armate della Russia di Putin, ed esprime il mio sentimento di ammirazione e coinvolgimento per il loro coraggio e determinazione per fuggire dalle devastazioni di un guerra ingiusta in un paese sovrano.

In queste donne e nelle loro famiglie in fuga verso paesi vicini più sicuri dell’Est Europa c’è la percezione chiara del pericolo per la vita dei propri cari e del messaggio di morte di questa irruzione violenta delle truppe russe nel loro paese e nelle loro città. Hanno cercato protezione prima nella metro di Kiev, poi nei rifugi o scantinati delle loro abitazioni, - che richiamano nostre esperienze vissute nella seconda guerra mondiale per i bombardamenti delle aviazioni degli alleati sulle nostre città - e da parte di un folto gruppo nella fretta di lasciare le città bombardate e le loro abitazioni portando con se' poche cose ma soprattutto i bambini e familiari da mettere in salvo e qualche volta animali domestici. Da questo punto di vista non sono solo “rifugiate” con i propri figli e familiari nei paesi vicini dell’Europa dell’Est, ma “soggetti politici” in questo scenario perché la guerra portata nel loro paese non assicura più il bene primario della sicurezza di vita garantita ai cittadini dalla nazione di appartenenza in tempo di pace. E va loro assicurata accoglienza e protezione.

Come si evince dalle informazioni e video dei media di una settimana, si tratta di un popolo di donne in fuga con i loro piccoli e familiari (si parla di un milione), infagottate come i loro piccoli secondo il clima del loro paese, che marciano e varcano confini destinatarie non solo di assistenza umanitaria ma di uno status di “rifugiati” secondo una determinazione della UE, portando la speranza di un pronto ritorno nel loro paese e nelle loro città ed abitazioni. In questo scenario di devastazioni e distruzioni nelle loro terre da parte di un’invasione violenta, a nostro avviso la determinazione massiccia ed il coraggio di queste donne ucraine nel mettere in salvo i loro bambini e familiari meriterebbe un ampio riconoscimento se non il Premio Nobel per la pace, come tante altre donne nei conflitti che agitano paesi e continenti del globo.

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