Il crocifisso ed il glorioso

di Domenico Pizzuti sj

Tra i ricordi della mia minore età, c’è anche la prassi della Chiesa dell’epoca in riferimento alla celebrazione della Pasqua del Risorto che veniva anticipata al sabato santo: a mezzogiorno al suono dei campanelli in chiesa e delle campane ed il canto del “Gloria in excelsis Deo” cadeva un ampio telo scuro del venerdì santo, e sul tabernacolo appariva un piccolo Cristo risorto con la bandiera bianca della vittoria nel risorto Gesù secondo le scritture. Non ho altri ricordi in merito, che non vuol dire che la raffigurazione del Risorto sull’altare a Pasqua non sia continuata. 

Nella Pasqua di quest’anno 17 aprile nella celebrazione di papa Francesco a Piazza S. Pietro sul sagrato della Basilica a destra insieme ad una statua devozionale della madre del Signore era collocata anche una preziosa icona bizantina del Signore glorioso forse per la partecipazione di alcuni celebranti e rappresentanti della ortodossia. Non sono particolari di prassi liturgica, che varia nel tempo, perché più in generale richiama il problema delle due raffigurazioni principali di Gesù: “Il crocifisso” ed il “Glorioso”, offerte alla venerazione dei fedeli, cioè Cristo nella gloria nel regno dei cieli specialmente con le icone bizantine e raffigurazioni in basiliche anche in Italia, di cui ho accennato in un precedente intervento.

Non si tratta solo di prassi liturgiche o devozionali, perchè si è imposto nel tempo nella tradizione cristiana per motivi teologici ma anche di potenza iconica la raffigurazione di Gesù come “Il Crocifisso” che dona la vita nel suo sangue come Nuova Alleanza secondo le espressioni di Gesù nell’ultima cena con i discepoli. Dopo la Pasqua del Risorto, le sue manifestazioni ai discepoli, l’Ascensione al Cielo, la gloria nel regno dei cieli, dove siede alla destra del Padre secondo il Credo che recitiamo specialmente nelle celebrazioni domenicali.

Gesù non è più il Cristo terreno, ma il Cristo celeste nella gloria dei cieli, che verrà in potenza sulle nubi del cielo come giudice universale, che viene raffigurato in icone bizantine in trono nella sua potenza e gloria. Queste credenze sono avvolte nella fede, ma le conseguenze non sono meno importanti per il culto e la vita dei cristiani. Il Cristo che celebriamo e veneriamo nel culto in maniera sacramentale attraverso simboli, - facendo memoria del corpo di Cristo donato e del sangue versato per la redenzione dal peccato e dalla morte -, è nella luce della fede il Signore risorto, asceso al cielo, nella gloria del Padre, cioè il Cristo celeste, glorioso, che verrà alla fine dei tempi come giudice universale, che non appartiene più - come affermano teologi - alla dimensione spaziale e temporale perché vive in Dio.

Ci si può domandare quanto questo Cristo celeste, glorioso, non solo abbia parte nella fede e nel culto dei credenti specialmente nella liturgia post-pasquale, ma anche sia rappresentato in raffigurazioni, icone, statue e così via, perché contribuerebbe ad illuminare lo stesso “Gesù Crocifisso” perchè la sofferenza e la morte dello stesso Gesù non è la fine, ma apre ad un un altro regno di luce e di vita con e nel Signore glorioso.

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