Incendi, sgomberi e assistenzialismo. Come non si affronta la questione Rom a Napoli

di Domenico Pizzuti sj


L’Associazione “Chi rom…e chi no” di Scampia in occasione dell’ennesimo incendio gratuito e distruttivo di un campo Rom spontaneo come quello dell’ex mercato ortofrutticolo, con un suo intervento sul giornale del 10 maggio scorso, ha lanciato un appello appassionato e documentato sulle precarietà abitative dei campi Rom spontanei, sulle condizioni di marginalità territoriale e sociale di queste popolazioni residenti nell’area napoletana da decenni, che richiedono la messa in atto da parte dell’amministrazione comunale napoletana di efficaci percorsi di inclusione sociale per il riconoscimento di condizioni più umane di vita e dei diritti delle comunità Rom secondo le note strategie europee e nazionali di inclusione sociale di Rom, Sinti e Camminanti.

La persistenza, le precarie condizioni di vita di questo e simili campi e la mancanza non di ora di alternative reali di superamento della sistemazione dei Rom in campi, è un aspetto della “questione Rom” a Napoli. Nel territorio metropolitano si contano circa 2000 Rom, distribuiti in campi ufficiali, comunali, e campi c.d. spontanei, e i più fortunati in alloggi in affitto nel centro città che talora abbiamo incontrato. E’ opportuno richiamare che la competenza per la “Questione Rom” ed i provvedimenti relativi spettano all’Ente comunale secondo la “Strategia nazionale d’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, 2012-2020”, e attualmente per gli anni venti, poco attuata nel nostro paese. Per l’attuazione di questi compiti istituzionali, a nostra conoscenza è stata preparata la bozza definitiva del PAL (“Piano di Azione Locale per l’inclusione e la partecipazione delle comunità Rom, Sinti e Camminanti della città di Napoli”) richiesta al Comune da progetti europei, anche se ci consta che non sia stata approvata dalla Giunta comunale precedente.

Chiaramente i problemi della condizione dei Rom nei campi non si risolvono né con sgomberi forzati senza alternative, né con incendi gratuiti e distruttivi da parte di gruppi ostili nascosti che rimangono quasi sempre impuniti, né da un assistenzialismo (talora necessario) di bisogni immediati ma senza una visione più ampia. Alla luce delle strategie citate si tratta dagli assessorati competenti del comune napoletano di por mano a percorsi non utopici ma efficaci di inclusione sociale dei Rom del territorio comunale, lungo le linee dei quattro assi (Istruzione, sanità, lavoro, abitazioni) della Strategia nazionale d’Inclusione dei Rom, dei Sinti e Camminanti (2012-2020) che da anni attendono di essere implementati non illusoriamente. 

A tale scopo occorre valorizzare tutte le conoscenze, esperienze, competenze esistenti, a partire da quelle degli uffici comunali competenti, di studiosi ed esperti di queste materie, e di quelle accumulate e disponibili di associazioni, gruppi, comitati, operatori sociali volontari e di soggetti religiosi del territorio, convocando tutti i gruppi e le realtà pro Rom operanti senza dimenticare gli stessi stakeholders cioè i rappresentanti delle famiglie Rom interessate. Al fine di una programmazione credibile di interventi di inclusione sociale dei Rom residenti nel territorio comunale, occorre attuare le progettualità in agenda della Giunta comunale e dell’Assessorato alle politiche sociali, in vista del progressivo superamento delle condizioni di vita e della stessa sistemazione forzata in campi delle popolazioni Rom del territorio. 

Non si tratta solo di una emergenza umanitaria, di una questione sociale che interroga, ma di un riconoscimento dei diritti inevasi di questa minoranza fatta di donne, uomini e bambini secondo le richieste reiterate della stessa Unione Europea, perché non rimangano “scarti” secondo la terminologia di papa Francesco. Alla luce anche di una tradizione meridionale di economia e politica civile.

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