Mogli militari

di Domenico Pizzuti sj

Dopo una settimana dall’inizio del conflitto in Ucraina per l’aggressione da parte delle armate russe di Putin, di fronte alle immagini di un popolo di donne ucraine in fuga per mettere in salvo i loro bambini e familiari in paesi più sicuri dell’Est europeo, esprimevo la mia ammirazione per il loro coraggio e determinazione e l’esigenza di un riconoscimento se non di un premio Nobel per la pace a queste donne che fuggono per mettere in salvo la vita dei loro bambini e familiari. Secondo dati recenti sarebbero 5 milioni questi profughi dal territorio dell’Ucraina in paesi europei, un popolo quindi di donne profughe con minori ed anziani in attesa di un auspicato ritorno in patria.

Eguale coraggio e determinazione ho riscontrato da parte di mogli di militari intrappolati nella acciaieria di Azovstal per richiedere con corridoi umanitari o altro la salvaguardia delle vite dei loro mariti ai governanti ed organismi internazionali, fino ad invocare l’aiuto dello stesso papa Francesco cui hanno esposto in piazza S. Pietro la sofferenza per i loro cari perché siano garantite le loro vite. All’inizio di questa settimana è stato dato l’ordine dai comandi militari dell’Ucraina ai militari di abbandonare l’acciaieria per consegnarsi agli occupanti con la garanzia della vita. L’evacuazione delle persone ancora viventi nell’acciaieria non è completata e si sta negoziando la loro uscita, come si sta negoziando il ritorno in terra ucraina dei militari che si sono consegnati agli occupanti russi perché portati in territori sotto il controllo dell’esercito russo.

Mi è rimasta impressa la comprensione e preoccupazione per la vita dei loro mariti chiaramente dimostrata dalle due mogli di ufficiali nell’incontro con papa Francesco e nell’intervista in piazza che ha avuto seguito. Questo dramma e l’attivismo di queste donne per la vita dei loro mariti combattenti, manifesta la forza non comune e permanente dei legami coniugali e familiari di queste famiglie ucraine che merita riconoscimento se non anche a loro un premio Nobel per la pace perché hanno lottato per la vita dei loro mariti in una situazione di guerra ingiusta devastante.

Ci si può domandare, al di là di tante forme anche spontanee di solidarietà In italia e nei paesi dove queste famiglie ucraine sono ospitate, ma anche di facili retoriche atlantiste o pacifiste che dir si voglia, se c’è comprensione per queste donne con i loro drammi personali come quelle delle mogli di combattenti dell’Azovstal da parte di attivisti e politici nostrani. Se per esempio da parte della Giorgia Meloni, non se ha versato una lacrima per questi drammi, almeno un pensiero in tanti parlari quotidiani. Altrimenti che politica è?

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