Ansia di governo

di Domenico Pizzuti sj

Il tempo che separa dalla riunione degli eletti del nuovo Parlamento per alcune procedure come la nomina dei presidenti di Camera dei deputati e Senato e dei capi dei gruppi parlamentari, e poi dalle consultazioni dei partiti dal parte del Presidente della Repubblica, a partire del 15 ottobre, al fine di verificare l’esistenza di una maggioranza per formare un governo del paese, non è del del tutto vuoto ma anche dominato dall’attesa per la formazione del nuovo governo secondo i risultati delle votazioni del 25 settembre. Questo tempo non è regolato da regole precise, come in altri paesi europei, per le rappresentanze parlamentari e politiche ma da procedure informali come lo studio di dossier delle principali urgenze del paese ereditati dal governo in carica, in preparazione del programmo del futuro governo che si è chiamati a guidare. Da parte della Presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni a più riprese nei giorni seguenti le votazioni è emerso un invito a fare presto, rivolti specie alla coalizione di centrodestra per fornire i nominativi di futuri ministri ai fini di una rosa di nomi da fornire all’approvazione del Presidente della Repubblica per il futuro governo.

Da parte di chi è stato finora all’opposizione si può comprendere questo appello anche in riferimento alle varie emergenze, a partire da quella riguardanti la disponibilità di gas ed elettricità e gli influssi sulle cosiddette “bollette” evocati ripetutamente da Matteo Salvini a pro dei suoli elettori, ma anche denota scarsa familiarità con queste procedure e le loro necessarie lentezze per i fini intesi per la costituzione delle istituzioni repubblicane. Questo invito ad agire speditamente rivela non solo l’attesa di rivestire prontamente i ruoli governativi agognati e perseguiti quasi per il timore che qualcosa o qualcuno ce li sottragga ma anche per una soddisfazioni personale di essere riuscita nell’intento di accedere alla premiership in un prossimo governo di centrodestra.

A questo proposito si deve rilevare un fatto anomalo da parte di Giorgia Meloni - più psicologico che politico - di sentirsi già investita del ruolo di premier per verità in pectore e di agire di conseguenza nel tempo che intercorre fino alle consultazioni presidenziali, accompagnato da una manifesta pubblica soddisfazione di vedere prossimo l’accesso a Palazzo Chigi dopo l’approvazione da parte delle due Camere. Si manifesta in tal modo una pre-occupazione nel senso etimologico della parola, cioè di preventiva occupazione del ruolo atteso e di agire di conseguenza per “fare presto”, e nella soddisfazione della vittoria elettorale una personalità esibita compresa tutta in se stessa. Cioè un Io, rispetto al noi di seguaci ed elettori che l’hanno sostenuta con il voto, festanti sotto il palco.

Dai primi interventi della Meloni abbiamo rilevato il richiamo a perseguire efficacemente gli “interessi nazionali” anche nell’Unione europea, che troppo facilmente denota discredito di chi ci ha rappresentato precedentemente quando il Presidente Draghi ha conquistato un apprezzamento internazionale, e fa trasparire una ispirazione nazionalista e/o sovranista del paese che può isolare in Europa che non deve essere nascosta. Ha usato anche non elegantemente il riferimento ad una diversa “postura” del paese nel perseguire gli interessi nazionali nell’Unione Europea, perchè incautamente richiama ben altre posture autoritarie da cui guardarsi

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