L'Università entra a Scampia: e ora?

di Domenico Pizzuti sj
(uscito anche su Repubblica Napoli)



Non ho avuto il piacere, per il volger delle stagioni della vita, di presenziare all’inaugurazione del polo universitario che porta il titolo “Università degli studi Federico II - Complesso Scampia”, dedicato ai corsi triennali di Professioni sanitarie della Facoltà di Medicina e Chirurgia, i quali interesseranno 600 studenti che affluiranno non solo dal quartiere ma dall’intera città, e ci si augura anche da altre città. Come ha precisato il Sindaco di Napoli Manfredi, é una Università non solo a Scampia, ma per Scampia ed i suoi numerosi studenti del territorio ed oltre.

Si realizza per gli abitanti del quartiere ma non solo un sogno di riscatto sociale, normalità di vita e liberazione dai gruppi della criminalità organizzata diffusa. Questi i principali significati di un intervento pubblico sancito da un protocollo stilato 13 anni or sono dall'allora Sindaco Antonio Bassolino e dal Rettore dell’Università di Napoli Federico II, che segnava una svolta nella vita e nella nella storia di un quartiere dell’area Nord della conurbazione napoletana gravato dallo stigma mediatico di degrado urbanistico e sociale, rappresentato iconicamente dalle Vele e dal loro degrado abitativo ed umano. 

E’ ora possibile cambiare la narrazione di questo quartiere negativamente rappresentato da opere letterarie e cinematografiche come “Gomorra” con un’immagine di normalità, anche per la presenza di una struttura universitaria e di numerose associazioni culturali e sociali da parte degli abitanti; quello che a nostro avviso si poteva definire “un quartiere di ordinaria emarginazione urbana di una periferia nell’area Nord di Napoli” (Domenico Pizzuti, La chiesa nelle periferie sociali: Scampia, in Credere oggi (5/2020), p. 125).

Con il completamento di questo intervento sulla struttura del polo universitario a Scampia, il quartiere iconicamente può essere rappresentato dall’edificio di questa facoltà dove affluiranno gli studenti interessati ai corsi di professioni sanitarie della città e dell’area metropolitana. E’ chiaro che il polo universitario non deve rimanere una “cattedrale nel deserto”, non solo per il potenziamento dei servizi di mobilità per tutti coloro (docenti e studenti, operatori di servizi) che quotidianamente frequenteranno la struttura. E’ un afflusso di giovani generazioni che porteranno nuova vitalità nella vita e nelle relazioni con gli abitanti del quartiere e di innovazione e modi di vita, che richiedono adeguati servizi. 

Sono interessate ad una accoglienza da organizzare anche le scuole del territorio, associazioni, parrocchie, strutture di tempo libero, per offrire un’“amicizia sociale” che includa nella vita locale. Perchè non si tratti di una presenza “mordi e fuggi”, una volta terminate le lezioni ed altre attività dei corsi. Come si usa per i gruppi giovanili che d’estate affluiscono nel quartiere per fare attività a favore dei gruppi giovanili, che sono accompagnati alla conoscenza delle “eccellenze” del quartiere lungo le sue strade e piazze, si può prevedere anche per gli studenti l’organizzazione di un “turismo” di quartiere per una sua utile conoscenza e frequentazione.

A nostro avviso, per la natura di formazione universitaria di questo intervento pubblico, è prioritario stabilire rapporti del complesso universitario inaugurato con le benemerite istituzioni scolastiche del territorio per creare tra i diversi gradi di istruzione e formazione del territorio una rete che sia una corrente vitale che attraversi la vita della comunità locale.

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