Messina Denaro: lo Stato ha vinto o perso?

di Domenico Pizzuti sj

Lo stato si congratula con se stesso, a tutti i livelli, per l’arresto del capo di Cosa nostra dopo 30 anni di latitanza ma anche di attività mafiosa e di accumulo denaro, appunto di Matteo Messina Denaro. E’ stato evidente il giubilo dei carabinieri che si abbracciavano per il felice risultato dell’operazione che ha riscosso anche l’applauso di cittadini palermitani.

«L’arresto di Matteo Messina Denaro è un’operazione il cui merito va diviso tra la magistratura e forze dell'ordine, e tra questo governo e quelli precedenti». Così il ministro Carlo Nordio nella sua relazione sull'amministrazione della Giustizia al Senato, esprimendo«l'auspicio che la gioia per questa grande operazione sia condivisa da tutte le forze politiche». E ha aggiunto: «L’attività del governo nel contrasto alla mafia sarà forte, omogenea, duratura e incondizionata». 

La Giorgia Meloni dopo appena qualche ora dalla comunicazione della notizia dell’arresto con immediatezza si è precipitata in volo a Palermo per complimentarsi con i rappresentanti dei carabinieri Ros e la procura della Repubblica di Palermo e rendere omaggio a Capaci alla memoria di Falcone. Non poteva mancare a questa rappresentazione del successo di una azione combinata di forze dell’ordine e magistratura palermitana, ed aveva fretta di rendersi visibile sulla scena del successo dell’operazione che ha condotto all’arresto senza sparare un colpo del più pericoloso latitante.

In questi giorni ho anche ascoltato altre voci dal basso di onesti cittadini che consideravano la rappresentazione in video di questa operazione una sorta di “farsa” in riferimento ai 30 anni di latitanza ed ai feroci delitti addebitati al Messina Denaro dalle stesse indagini della Magistratura con diversi ergastoli. Devo dire la verità, mi è sembrata una sceneggiata la pacifica la trasmissione Tv dell’arresto dalla clinica privata dove era curato da più di un anno e l’accompagnamento senza manette all’auto che doveva portarlo ad un carcere di massima sicurezza come quello dell’Aquila. 

Simili reazioni fuori dal coro “lo Stato ha vinto” segnalano un disappunto per uno Stato che ha mancato per decenni di catturare un pericoloso latitante della mafia siciliana anche se va riconosciuto il merito di lunghe ed efficaci indagini delle forze dell’ordine e della magistratura palermitana. Senza trascurare la diffusa omertà di chi non vede, non sente, non parla a pochi passi dal rifugio dello stesso Messina Denaro. Anche se rimane un dubbio, perché proprio in questa contingenza politica il successo dell’operazione della cattura del capo di “Cosa nostra”.

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