Autonomia regionale, così Meloni frantuma la nazione

di Pasquale Salvio



“Schema di disegno di legge – Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario – 30 Gennaio 2023”. Così titola il documento licenziato dal pre-Consiglio dei Ministri, firmato da Roberto Calderoli, Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, nel Governo di Giorgia Meloni dal 22 ottobre dello scorso anno. Con una storia leghista che viene da lontano. Fin dai tempi delle Leghe regionali, poi della Lega, che puntavano alla secessione delle ricche regioni del Nord. Una “bozza” (quindi modificabile, come lo stesso Governo si è affrettato a dichiarare), che manifesta ambiguità e pericoli per la coesione e lo sviluppo unitario del Paese. In particolare del Sud, intrappolato da una “questione meridionale” mai risolta e da nuove problematiche globali nazionali e internazionali, con processi sociali, economici, politici in rapida modificazione. Figli del complesso trentennio di globalizzazione, favorita dalla rivoluzione microinformatica e dai sempre più performanti sistemi di comunicazione, generatori di nuovi poteri, di nuove culture. Se non di sub-culture devianti da necessarie attenzioni, serie e responsabili, rispetto all’evoluzione sociale, economica, ambientale, storica.

Ben altre erano le speranze con cui i movimenti culturali e sociali della seconda metà del novecento traguardavano al terzo millennio. Il crescere delle contrapposizioni di potere, in un orizzonte di crisi delle ideologie, ha alimentato la fornace delle ragioni egoistiche di gruppi, caste e popoli, favorendo la rinascita dei nazionalismi, del prevalere dei profili identitari su quelli comunitari, dell’ulteriore allargamento della forbice tra ricchezza e povertà. I migranti, da fame e da guerre, sono considerati un peso economico e sociale; le persone ai margini della convivenza, invisibili. La ricchezza e il controllo delle risorse, con le relative speculazioni finanziarie, sono sempre più concentrati in poche mani. Mani di nuovi arricchiti sulla pelle di masse di disperati e di classi “medie” sempre più lontane dalla confort zone. Le leadership mondiali, in particolare istituzionali, non appaiono in grado di proporre un Pensiero che orienti le coscienze e le scelte. Il solo Papa Francesco si fa voce universale a difesa della pace, dell’ambiente, della giustizia sociale, degli impoveriti, degli sfruttati. "I have a dream" gridava Martin Luter King, costruttore e martire di Pace. "Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!". Il suo, come il sogno di tanti in un mondo più giusto possibile, sembra infrangersi sul consolidarsi di egoismi personali e sociali, sull’indebolimento delle democrazie a favore delle autarchie e delle dittature, sulla negazione dei diritti civili e sociali, sulla limitazione delle libertà, in particolare delle donne. In questo orizzonte cupo di autoreferenzialità e di privilegi, mentre il mondo sembra cadere a pezzi, irrompe l’autonomia regionale differenziata, nella proposta di Calderoli e del Governo Meloni, a poco più di tre mesi dal suo insediamento. Su questa frontiera, tutta italiana, ma aperta all’Europa e al Mondo, oggi non si può essere assenti, non si può, ancora una volta, subire. Il Popolo, in particolare quel terzo di Cittadini italiani che vive nelle Regioni del Mezzogiorno d’Italia, deve essere in grado di dire ai suoi Rappresentati politici ciò che ritiene essere Bene comune. E di lottare, con tutti i mezzi democratici e nonviolenti a disposizione. Per il Sud. Per il Paese. E’ la Democrazia. E quanto la nostra Carta Costituzionale indica.

Il Regionalismo differenziato? Diciamo no.

Fino a 23 sono le materie, delicatissime, che le delibere regionali di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno votato in vista dell’iter di approvazione di una legge che disciplinasse l’autonomia regionale. Istruzione, salute, lavoro, finanza pubblica e sistema tributario, ambiente, rapporti internazionale e l’Unione Europea, giustizia di pace, governo del territorio, ricerca scientifica e tecnologica, protezione civile, infrastrutture, etc. Nella bozza di Calderoli sono previsti i LEP – Livelli Essenziali delle Prestazioni, con i relativi costi e fabbisogni standard, a garanzia dei diritti civili e sociali dei cittadini. Il processo di intesa tra Regione e Stato, con il ruolo del Parlamento ridotto a semplice ratifica di quanto già deliberato, fa emergere dal documento, la marginalizzazione del ruolo costituzionalmente riconosciuto alle Camere. Appare anche evidente il pericolo di allargamento ulteriore, su materie fondamentali per lo sviluppo, tra aree deboli del nostro Paese e quelle più forti, esponendo l’intero Sistema Italia rispetto all’Europa e al Mondo.

Questa del regionalismo differenziato è una battaglia storica della Lega, i cui esponenti hanno annunciato che diventerà legge già nel 2023. La velocità con cui la bozza è stata presentata e approvata dagli alleati di Governo, fa ragionevolmente pensare che altra riforma costituzionale, possa essere il “presidenzialismo”, fortemente voluto da Fratelli d’Italia. Partito che afferma di tenere molto all’unità del Paese e all’identità nazionale. Un sistema di “equazioni” politiche difficilmente risolvibile. Perciò, ancor più pericoloso.

Entrambe le riforme richiedono, per la delicatezza delle materie e per i necessari pesi e contrappesi da mettere in campo, un democratico coinvolgimento dei corpi sociali, del paese reale. Che appare sempre più distante dalla politica e dai suoi rappresentanti. Frutto anche della vigente legge elettorale, che tutti vorrebbero modificare, ma che nessuno tocca.

L’auspicio è che le regioni del Sud riescano ad armonizzare i loro interventi e a delineare una piattaforma comune per opporsi all’ipotesi di autonomia differenziata, che vedrebbe il Mezzogiorno e il Paese fuori dal protagonismo europeo, insignificanti sullo scenario mondiale. Anche considerando che la bozza parla di “invarianza” per le regioni che non scelgono l’autonomia differenziata. Cosa si intende per “invarianza” in una regione del Sud oggi già in difficoltà?

Si stanno moltiplicando le iniziative che favoriscano una legittima discussione per una diversa e più equa riforma globale del Paese. Il giornalista Marco Esposito de “Il Mattino” di Napoli e autore dell’utile libro “Zero al Sud” sta promuovendo incontri con altri studiosi, come il costituzionalista prof. Massimo Villone. Il cerchio della discussione si sta allargando, per promuovere un attivo protagonismo del Mezzogiorno e non solo, e non rassegnarsi di fronte a questa ulteriore decisiva frattura fra Nord e Sud del Paese.

Bisogna dare voce e ruolo al Sud, in Italia e in Europa, anche a partire dall’opportunità del PNRR, dai suoi progetti di sviluppo territoriale e di coesione nazionale realizzati; che garantiscano infrastrutturazione, rilancio del lavoro e dell’economia, riconoscimento delle immense risorse materiali e immateriali, artistiche e culturali che ne caratterizzano il territorio e la Storia. Con uno sguardo che abbracci il Mediterraneo, perché da “cimitero dei migranti” diventi area cruciale condivisa di nuove prospettive di relazioni e di scambi, di integrazione fra i popoli.

Tra le materie che si vorrebbero attribuire alle regioni differenziate, c’è anche il credito, sebbene a dimensione regionale. Vorrei qui ricordare la questione del depauperamento del credito nel nostro Mezzogiorno, in particolare con la chiusura e l’assorbimento del Banco di Napoli in Intesa-SanPaolo. Tra lavoro diretto e indotto, migliaia di posti di lavoro persi, con la scomparsa nel Sud e a Napoli di un centro decisionale creditizio a famiglie e imprese di standing elevato. C’è la corresponsabilità della classe dirigente meridionale, anche istituzionale. Ed è questione la cui penetrazione storica arriva fino all’unità d’Italia e al destino dei depositi del Banco, allora istituto di emissione. Come il Banco, così negli ultimi decenni dobbiamo registrare la de industrializzazione nei diversi settori strategici dell’acciaio, dell’auto, dell’elettronica, dell’informatica, del terziario avanzato. Con dossier aperti da anni sui tavoli dei ministeri dello sviluppo economico che si sono avvicendati.

I nostri giovani sono ormai costretti a lasciare le nostre terre, per dare volto a progetti di vita al Nord o all’Estero. Le famiglie che possono, li fanno già studiare là, per un più facile inserimento nel mondo del lavoro.

Regionalismo differenziato ancor più divisivo il Paese? Ancor più destinato ad isolare il Mezzogiorno? Diciamo “no”. Ad una sola voce, insieme. Questa riforma no. Diamoci da fare per far capire, per spiegare ai cittadini le criticità, coinvolgerli nel confronto e nell’azione. Magari, per aderire alla raccolta di 50.000 firme per la Proposta di Legge di Iniziativa Popolare per la modifica dell’articolo 116, comma 3, e dell’articolo 117, commi 1, 2 e 3 della Costituzione. Se d’accordo, firmando (con lo SPID). Uno strumento democratico per costringere il Parlamento a discutere nella direzione di una più giusta modifica. Per farlo, si può andare sul sito del Coordinamento Democrazia Costituzionale:
http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/.

E’ tempo di vigilare, partecipare, proporre, esserci. L’astensionismo delle ultime elezioni regionali in Lombardia e Lazio, con percentuali bassissime di elettori, ci dice anche che con il “regionalismo differenziato”, come da proposta di legge Calderoli, si aggiungerebbe una preoccupazione in più: consegnare a pochi un potere autonomo enorme. La nostra Costituzione garantisce uguali diritti/doveri di cittadinanza. Per tutti.

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