La destra sotto la lente di Paolo Macry - recensione

di Domenico Pizzuti sj




Sto leggendo per aggiornamento ed approfondimento una recente pubblicazione dello storico napoletano Paolo Macry, La destra italiana. Da Guglielmo Giannini a Giorgia Meloni, Edizioni Laterza, Bari-Roma, 2023, pp. 157, e nel cap. 4 dedicato alla “Lega. Contro lo stato-nazione”, sono rimasto colpito dal ricordo del programma della Lega ad inizio anni 2000, che riporto per qualche commento anche sui corsi e ricorsi della politica dei partiti di ieri e di oggi di fronte al programma della destra di governo in particolare Fratelli d’Italia e Lega, che scrive Macry:

Nel 2004 aveva proposto una riforma costituzionale che istituiva un premierato a elezione diretta, prevedeva un Senato delle autonomie, ampliava la potestà legislativa in materia di scuola, polizia amministrativa, assistenza sanitaria. La riforma venne approvata in Parlamento dalla maggioranza di centro-destra è l’anno dopo, però, non superò il vaglio del referendum. Votò più del 60 per cento dei partecipanti, soltanto in Lombardia e nel Veneto i favorevoli superarono i contrari. Il Nord era una una minoranza politica nel paese.
Ma intanto finiva sotto attacco anche l’idea di nazione. Se cessiamo di essere una nazione, fu il titolo di un saggio di Gian Enrico Rusconi, uno dei tanti che affollarono gli scaffali delle librerie di quegli anni. Oltre che della forma si discuteva della vitalità o del tramonto della nazione” (Ib. p. 131).

Si tratta di programmi della destra di ieri e di oggi che non vanno spacciati per novità, che occorre richiamare anche per la destra che nel 2022 ha conquistato la maggioranza relativa anche se imperversa nei video della Tv pubblica da parte della premier Giorgia Meloni.

Occorre rammentare che la coalizione di destra al governo è sempre una maggioranza relativa rispetto al corpo elettorale votante, e lo storico interrogativamente si domanda in quarta di copertina “Questo significa che l’Italia è diventata un paese di destra o magari lo è sempre stata?.” L’esito negativo del referendum sulla riforma costituzionale propiziata dalla Lega ad inizio anni 2000, una procedura democratica di verifica specialmente delle riforme costituzionali (Da ricordare quello bocciato proposto da Matteo Renzi, premier di governo del tempo) da parte dei cittadini elettori, rimette in campo il popolo sovrano ritenuto spesso muto e disaffezionato dalla politica, non solo affare del governo, del Parlamento e dei partiti al governo o all’opposizione, cioè di una rappresentanza elettorale legittimata dal voto del Parlamento.

Le sconfitte referendarie sulle riforme costituzionali richiamano anche il dovere ed i dubbi sull’esito del referendum da attuare su quelle proposte dalla maggioranza di governo (Autonomia differenziata, Premierato), perché non si può ignorare la voce del popolo sovrano o meglio dei cittadini elettori per una democrazia partecipante. Meloni, meloniani, e leghisti sono avvisati perché non basta l’approvazione della maggioranza parlamentare.

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