A chi appartiene la politica estera?

di Domenico Pizzuti sj

E’ un “mantra” quella che la Giorgia Meloni ripete, anche contro l’evidenza dei fatti cioè delle differenze di posizioni ed opinioni di vicepremier come il leghista Salvini, riguardante la asserita “coesione” della maggioranza di governo che presiede con la sua incessante presa di parola su tutti i problemi (Il mio amico F. in proposito mi faceva presente che Mario Draghi non ne aveva bisogno). In merito, al di là di singole differenziazioni che talora collidono con la politica di governo da parte di vicepremier come l’irrequieto Matteo Salvini si può osservare che sono espedienti di pura propaganda elettorale per rafforzare il suo consenso nella platea elettori e non ultimo nella Lega lombarda di cui è Segretario, ed esprimono in ogni caso la “competizione” esistente anche all’interno degli alleati della maggioranza di governo per un apparizione in più negli schermi della TV “meloniana” e marcare la sua esistenza oltre a rivendicare la costruzione del ponte di Messina che a nostro avviso, tecnologicamente è fattibile ma finora bloccata da pesantezze non solo burocratiche e dei consigli di amministrazione del progettp che ha consumato negli anni risorse destinate a questa opera.

L’occasione di questo rinnovato “mantra” meloniano di una maggioranza di governo “coesa”anche in politica estera è stata certo una improvvida ma voluta affermazione di Salvini riguardante l’ elezione del Presidente della Federazione russa Putin con una c.d. maggioranza bulgara dell’88 % dei votanti, perché a suo dire “un popolo ha sempre ragione quando vota” che secondo alcuni giornalisti significava “un inchino a Putin”, smentito dall’altro vicepremier Tajani sulle pressioni e violenze esercitate su gli elettori della Federazione russa. E’ stata l’occasione per ribadire da parte della premier che la “politica estera” del governo appartiene al vicepremier Tajani che non manca di intervenire su questi temi in Italia ed Europa con competenza ed equilibrio, ma mette in rilievo alcune contraddizioni sulle modalità di gestione della “politica estera” del nostro paese. 

In varie c.d. missioni all’estero con gli aerei della “Repubblica italiana” in bella mostra: per esempio recentemente a Washington con Biden ed in Canadà Trudeau non affiancava la premier il Ministro degli esteri Tajani, così pure al Cairo nell’incontro Ue con l’autocrate Al Sisi, come mi sembra fosse una modalità della diplomazia nelle relazioni internazionali. Forse nella mia memoria erano presenti gli ambasciatori con la feluca come usava negli incontri nazionali e nella rappresentanza internazionale. La rilevanza assunta dalla leadership pop personalizzata anche della nostra Sibilla romana, che abbiamo più volte rilevato che non significa approvazione dello studioso di queste torsioni di comportamenti nella gestione della politica estera, perché comporta una personalizzazione degli stessi incontri internazionali a vantaggio della stessa Giorgia Meloni che alla discesa dall’aereo riceve gli onori del picchetto militare e si fa fotografare negli incontri bilaterali con i vari capi di stato africani autocrati a cui si destinano risorse dall’Ue e non solo dell’Italia secondo il Piano Mattei come in un primo momento si è fatto credere agli ingenui cittadini.

In fine della settimana scorsa è stata diffusa una foto dell’incontro trilaterale di Weimar che vedeva nella stretta di mani insieme il Presidente Macron, il premier germanico Scholtz, ed il nuovo premier polacco Tusk invitato esplicitamente dai primi due. A prima vista mancava la nostra premier Meloni non invitata all’incontro sembra per dissapori con il presidente Macron. Con fondamento non solo da questa foto si può asserire che si manifesta un certo isolamento della nostra Giorgia in Europa che non torna a nostro vantaggio.

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