Paternità non generativa

di Domenico Pizzuti sj


In una precedente riflessione (La maternità generativa della donna rivestita del sacerdozio), ho affrontato il tema del sacerdozio femminile da un punto di vista non comune nella pubblica discussione: quello della maternità non solo biologica della donna, rivestita un giorno del sacerdozio, nelle sue conseguenze in questo ministero. 
Non dimenticando che in diverse confessioni cristiane è ammesso il sacerdozio femminile ormai da decenni, con il consenso dei fedeli delle rispettive chiese, anche in Italia, e non destano scandalo. 

Continuando la riflessione su situazioni e status dati per scontati, come quello del sacerdote celibe nella chiesa cattolica (non discutendo qui il celibato sacerdotale), si può prendere in considerazione “la paternità non generativa” del sacerdote celibe, cioè uno status e le sue conseguenze nella vita personale e ministeriale di questa figura sociale dell’Occidente cattolico, che si dà per scontato. 

E’ chiaro che non si tratta tanto di una paternità di tipo biologico (per analogia dai fedeli è riconosciuta una sorta di paternità nei confronti della comunità dei fedeli al sacerdote celibe), ma di una conseguenza nella vita personale del celibato, che porta a neutralizzare gli impulsi generativi per scelta personale. Con linguaggio popolare si potrebbe affermare che si configura una vita “senza amore” nel senso di relazioni con l’altro sesso, ma soprattutto “senza ammore” per dirla in gergo napoletano nel senso di rapporti fisici con l’altro sesso, che non sono ricercati. 

Che tipo di vita sia questa è comprensibile, se non viene neutralizzata l’affettività nei rapporti personali e ministeriali: cioè il celibe rischia di non amare nel senso indicato e di non essere amato, anche se ricercato per le sue funzioni ministeriali. La mattina al risveglio non trova accanto sul cuscino un volto amato che lo accolga. Una vita che viene da definire “senza sugo”, magra, agra specie nella vecchiaia senza nipoti, anche se conosciamo molti sacerdoti anziani che ricercano e danno affetto ai loro nipoti ed a tanti bambini che frequentano le loro chiese. 

Se uno in vita non ama, si afferma giustamente: “che è campato a fà?”. E’ questa una riflessione “dentro una vita”, dentro le pieghe di uno stato di vita con il celibato, anche se poi viene vissuta una missione fondamentale per la vita delle comunità cristiane nell’esercizio del ministero sacerdotale, che a nostro avviso non è legato solo al celibato maschile in riferimento alle contingenze storiche.

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